Piero della Francesca

 

Piero della Francesca

Nacque presumibilmente nel 1416 a Borgo San Sepolcro. Si formò a Firenze insieme a Domenico Veneziano con il quale collaborò per gli affreschi perduti del coro di S. Egidio a Firenze. Le prime opere, collocabili anteriormente al 1450, ci mostrano il personale carattere dell'artista: struttura prospettica rigorosissima, perfezione dei volumi geometrici, rappresentazione di figure grandiose immerse in un'atmosfera dalla luminosità diffusa, sottile quasi astratta che mantiene i personaggi come sospesi nel tempo.

 


Battesimo di Cristo
1448-1450
tempera su tavola
National Gallery, Londra

P
anoramica della Cappella Maggiore
1452-60 affreschi
Cappella Maggiore
Chiesa di San Francesco, Arezzo

Polittico della Misericordia

Nel 1442 Piero ritorna a Borgo Sansepolcro dove fu candidato alle elezioni per la carica di consigliere popolare. Qui, la confraternita della Misericordia, gli commissionò un polittico che doveva essere consegnato entro tre anni, in realtà il pittore ne impiega quindici. Il Polittico della Misericordia è composto da ventitre scomparti alcuni dei quali, come la predella, sono dipinti da aiutanti del pittore. Il senso del volume, la plasticità dei corpi ci mostrano l'influenza donatelliana, mentre la pala posta a coronamento del polittico è di chiara ascendenza masaccesca. Contemporaneamente ai primi pannelli di questo polittico Piero eseguì il Battesimo di Cristo, che oggi si trova a Londra alla National Gallery.

 


In questo dipinto la trasparenza dell'atmosfera, la chiara luminosità del paesaggio rievocano le opere di Domenico Veneziano e del Beato Angelico, la prospettiva rigorosa il cui perno centrale è costituito dalla figura del Cristo conferisce all'opera un certo equilibrio e quell'armonia che è tipica delle opere pierfracescane.
Intorno al 1451 il pittore si recò a Rimini dove lavorò nel Tempio Malatestiano all'affresco votivo col ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta.


 


S
ogno di Costantino
episodio dalla "leggenda della vera Croce
1452-1466
Cappella Bacci
San Francesco, Arezzo


Federico da Montefeltro 1465
Galleria degli Uffizi, Firenze


F
lagellazione 1459
Galleria nazionale delle Marche, Urbino

Nel 1452, alla morte di Bicci di Lorenzo, Piero fu chiamato dalla famiglia Bacci per proseguire la decorazione ad affresco del coro di S. Francesco ad Arezzo rappresentante la Leggenda della vera Croce. Le scene sono rappresentate su tre registri; le monumentali figure rappresentate, appaiono come statue costituite da forme geometriche pure sulle quali i panneggi formano giochi raffinati, mentre i volti non tradiscono emozioni particolari; si vedano i dipinti rappresentanti l'Adorazione del sacro legno e l'Incontro di Salomone con la regina di Saba. Nel brano che rappresenta la Battaglia di Eraclio e Cosroe il maestro è affiancato da allievi, la composizione si fa più schematica; nel Sogno di Costantino invece il bagliore che accende la scena rivela l'eccezionale sensibilità luministica del maestro.

 


Tra le opere più importanti del pittore c'è la tavoletta rappresentante la Flagellazione eseguita negli anni tra il 1455 e il 1460 a Urbino. La composizione è divisa in due scene mediante una colonna, al centro del gruppo di personaggi sulla destra figura Oddantonio da Montefeltro, fratellastro di Federico, che fu assassinato durante una congiura, mentre la scena sulla sinistra, rappresentante la Flagellazione, potrebbe essere un'allusione al martirio subito dal giovane principe.
Sempre dello stesso periodo è la tavola che fa da cuspide al polittico di Sant'Antonio delle Monache di Perugia, rappresentante L'Annunciazione. In questi anni si intensificarono i rapporti con la corte dei Montefeltro per i quali eseguì il Ritratto di Battista Sforza e Federico da Montefeltro. Tra le ultime opere ricordiamo la Madonna di Senigallia del 1470 e la Sacra conversazione di Brera del 1472-74.
Una malattia agli occhi costrinse il maestro a ritirarsi dalla sua attività e ad applicarsi negli studi della prospettiva che lo portarono a scrivere il De prospectiva pingendi nel quale insegna ai pittori e segreti della prospettiva e il libretto De quinque corporibus regularibus.

Biografia

La riforma fiorentina fu diffusa nella Toscana orientale, in Romagna e nelle Marche del Nord, da Piero della Francesca, discepolo di Domenico Veneziano (il Vasari attribuisce al Veneziano l’introduzione in Toscana della pittura ad olio) un naturalista dallo stile raffinato, dotato di raro senso della luce. E’ uno dei numerosi spiriti italiani in cui la genialità artistica si unisce alla ricerca scientifica.

 


Doppio ritratto
1465-1466
 tempera su tavola
 Galleria degli Uffizi, Firenze

Pala di Brera
Madonna col Bambino,
santi, angeli e il Duca Federico
da Montefeltro 1472-1474
olio su tela, Brera, Milano

Madonna di Senigallia
1470 ca. olio su tavola
Galleria nazionale
delle Marche Urbino

Grandissimo prospettico e autore di un rinomato trattato di prospettiva, non abusa mai a vuoto di tale facoltà, il suo raro senso della luce e del chiaroscuro, la beltà robusta dei nudi e l’esattezza dell’anatomia l’audacia degli scorci, il ricco sentimento della natura preservano dall’aridità la sua arte grave, maschia ed eroica, alla quale le preoccupazioni teoriche conferiscono una corposità statuaria e un’immobilità quasi spettrale.

Non è che a Pietro faccia difetto il senso del moto: ma egli coglie le sue grandiose figure e le sue scene durante un attimo di pietrificazione.
 

 

Lavorò per Sigismondo Malatesta a Rimini, più tardi per Nicola V in Vaticano. Verso il 1466 terminò i suoi celebri affreschi del “Coro di san Francesco” ad Arezzo, rappresentandovi episodi della “Leggenda della Croce”. .


Qui fa tesoro della ricchezza superba del suo genio plastico, creando un’umanità superiore che sembra scolpita nel marmo colorato; erge sodi giovani ignudi nella “Morte di Adamo”, spiega luminosi e strani cortei in atri corinzi e in fronzuti pomari nell’ “Arrivo della regina di Saba”; nella “Scoperta della Vera Croce” si rivela potente mimico e limpido paesista; nella “Battaglia di Cosroe” è fantasmagorico e tumultuoso; nel “Sogno di Costantino” infine percorre, nella bellezza e nell’ardimento dell’effetto luminoso notturno, il Raffaello della “Liberazione di S. Pietro” e il magico luminista Rembrandt.

Nel 1469 Piero fu chiamato a lavorare alla Corte di Urbino dal Federico da Montefeltro, il saggio condottiero e mecenate: e fra l’altro lo dipinse in un prezioso dittico, oggi agli Uffizi, le sembianze del Duca e della Duchessa con una efficacia psicologica e panoramica fa pensare alle più belle prove del ritratto fiammingo.


 


Città ideale scuola di Piero della Francesca
1470 olio su pannello
Galleria Nazionale, Urbino

Natività 1470
olio su tavola
National Gallery, Londra

Attestano l’energia e la gravità del suo temperamento, la nobiltà della sua arte numerose opere sparse nelle collezioni d’Italia e di Europa: fra le più importanti si citano la “Resurrezione”, affresco nel Palazzo Municipale di San Sepolcro, il polittico della “Madonna della Misericordia” in quella Pinacoteca, La flagellazione di Cristo, nella Galleria di Urbino, e la grande pala, con la “Madonna dei santi” nella Galleria di Brera a Milano, attribuita da una parte della critica al suo allievo Fra Carnevale da Urbino.

 

 

 

L’influenza di Forlì, Luca Signorelli, il Bramante, Lorenzo da Viterbo, Francesco del Cossa diffondono rispettivamente in Romagna e nelle Marche, nell’Umbria e nel Lazio, in Lombardia e a Ferrara, quel nuovo senso maschile e imperioso della forma, quella valutazione esclusiva del valore plastico, all’infuori dai lenocini miniaturali e dalle grazie decorative. La sua potenza diffusiva benefica non è paragonabile che a quella di un grande pittore suo contemporaneo che gli assomiglia nella sodezza dello spirito: Andrea Mantegna.
 

 

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