Michelangelo Pistoletto
Michelangelo
Pistoletto nasce a Biella nel 1933.
La sua formazione artistica avviene all'interno dello studio del padre, pittore
e restauratore, dove inizia a lavorare a 14 anni. In seguito frequenta la scuola
grafica pubblicitaria diretta da Armando Testa.
Nel 1955 inizia a esporre i risultati di quella ricerca sull'autoritratto che,
nel corso della seconda metà degli anni Cinquanta, caratterizza la sua prima
produzione pittorica.

Michelangelo Pistoletto |
Nel 1958 riceve a
Milano il Premio San Fedele. Nel 1960 tiene la sua prima mostra personale alla
Galleria Galatea di Torino. Nello stesso anno realizza alcuni autoritratti a
dimensione reale su fondi monocromi in oro, argento e rame. Nel 1961 crea la
serie di opere intitolate Il presente, dipingendo la propria figura su un fondo
nero reso riflettente da uno strato di vernice trasparente. Nel 1962 mette a
punto la tecnica - riporto fotografico su carta velina applicata su lastra di
acciaio inox lucidata a specchio - con cui realizza i suoi Quadri specchianti,
che includono direttamente nell'opera la presenza dello spettatore e la
dimensione reale del tempo e riaprono inoltre la prospettiva, rovesciando quella
rinascimentale, chiusa dalle avanguardie del XX secolo.
Con i Quadri
specchianti, esposti per la prima volta nel marzo del 1963 alla Galleria
Galatea, Pistoletto raggiunge in breve riconoscimento e successo
internazionali, che lo portano a partecipare alle più importanti manifestazioni
artistiche dedicate alla Pop Art
e al Nouveau
Realisme. Già nel corso degli anni Sessanta tiene mostre personali
presso prestigiose gallerie e musei in Europa e negli Stati Uniti (nel 1964 alla
Galleria Sonnabend di Parigi, nel 1966 al Walker Art Center di Minneapolis, nel
1967 al Palais des Beaux Arts di Bruxelles, nel 1969 al Boijmans van Beuningen
Museum di Rotterdam). Nel 1967 riceve il premio della critica belga e quello
della Biennale di San Paolo. I quadri specchianti costituiranno la base della
successiva ricerca e produzione artistica di Pistoletto e della sua
parallela e costante riflessione teorica.

Dietro-front Firenze |
Nel 1964 espone
alla Galleria Sperone di Torino un gruppo di opere, i Plexiglass, che
costituiscono una prima trasposizione nello spazio reale della nuova dimensione
aperta dai quadri specchianti e allo stesso tempo una dichiarazione di
"concettualità" dell'arte.
Tra il 1965 e il 1966 produce ed espone, all'interno del suo studio, un insieme
di lavori intitolati Oggetti in meno, realizzati nella dimensione contingente
del tempo e basati sul principio delle differenze, infrangendo il dogma
dell'uniformità dello stile artistico individuale. Questi lavori sono
considerati basilari per la nascita dell'Arte
Povera, movimento artistico teorizzato da Germano Celant nel 1967, di
cui Pistoletto è animatore e protagonista.
A partire dal
marzo del 1967 realizza azioni fuori dai tradizionali spazi espositivi. Nel
dicembre dello stesso anno annuncia con un manifesto l'apertura del suo studio.
In questo contesto nasce lo Zoo, un gruppo costituito da persone, provenienti da
diverse discipline artistiche, assieme alle quali Pistoletto realizza,
dal 1968 al 1970, azioni concepite come collaborazioni creative. Invitato alla
Biennale di Venezia del 1968 pubblica il Manifesto della collaborazione.
Tra l'ottobre del 1975 e il settembre del 1976 realizza un'opera dalla
dimensione temporale di un anno, suddivisa in dodici mostre consecutive,
intitolato Le stanze, negli spazi della Galleria Stein di Torino. È il primo di
una serie di complessi lavori sviluppati ciascuno nell'arco di un anno e
denominati "continenti di tempo", come: Anno Bianco nel 1989 e Tartaruga felice
nel 1992. Nel 1976 pubblica Centro mostre nel mese di ottobre, un libretto che
descrive cento idee di lavori concepiti nell'arco di un mese, molti dei quali
verranno realizzati dall'artista nel corso degli anni successivi.

Una scultura decapitata 1966 |
Nel marzo del 1978
tiene alla Galleria Persano di Torino una mostra nel corso della quale presenta
due fondamentali direzioni della sua ricerca e successiva produzione artistica:
Divisione e moltiplicazione dello specchio e L'arte assume la religione. In
questo stesso mese inizia un soggiorno di un anno a Berlino, ospite del DAAD,
dove presenta una sua mostra retrospettiva alla Natiolal-galerie e in tredici
luoghi pubblici della città.
Nel biennio 1978-1979 presenta in diverse città degli Stati Uniti una serie di
mostre personali, installazioni e azioni. In questo contesto realizza ad Atlanta
la Creative Collaboration, un'ampia collaborazione creativa estesa a tutta la
città in cui, assieme ad artisti con i quali aveva già precedentemente lavorato
(l'attore Lionello Gennero, il musicista Enrico Rava, il compositore Morton
Feldmann) e i componenti della propria famiglia, coinvolge artisti locali di
diverse discipline.
Nel 1979 la collaborazione artistica prosegue in diversi
luoghi, in particolare a Corniglia, in Liguria, con i cui abitanti porterà poi
in scena nel 1981, al Teatro Quirino di Roma, lo spettacolo Anno Uno.
Nel 1981 espone presso la Galleria Salvatore Ala di New York La natività, un
primo gruppo di quella produzione scultorea in poliuretano rigido che l'artista
realizzerà nella prima metà degli anni Ottanta. Nel 1984 ripropone alcuni di
questi lavori in marmo e grandi dimensioni alla sua personale al Forte di
Belvedere a Firenze.

Venere degli stracci 1967 |
Dal 1985 al 1989
crea un nuovo ciclo di opere, costituite da superfici e volumi in materiale
anonimo, dai colori scuri e cupi, denominato Arte dello squallore.
Nel 1991 è Professore di scultura all'Accademia di Belle Arti di Vienna,
incarico che manterrà fino al 1999, sviluppando con i suoi allievi un programma
innovativo teso ad abbattere le tradizionali barriere tra discipline artistiche.
Nel 1993 inizia la fase denominata Segno Arte, basata su un'idea concepita in
Cento mostre nel mese di ottobre (1976), in cui l'artista, oltre a produrre una
serie di opere accomunate da una forma che costituisce il suo Segno Arte, invita
altre persone, in diverse occasioni, a creare e presentare un proprio Segno
Arte.
Nel 1994 prende
avvio Progetto Arte, con il quale Pistoletto – attraverso un manifesto
programmatico, incontri pubblici, manifestazioni e mostre che coinvolgono
artisti di diverse discipline e rappresentanti di ampi settori della società -
pone l'arte al centro di una trasformazione socialmente responsabile.
Nel 1998 viene inaugurata Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, situata in
un ex manifattura di Biella acquisita nel 1991 dall'artista, all'interno della
quale le finalità espresse nel Progetto Arte sono tuttora sviluppate e
realizzate.
Nel 2000 si inaugura, all'interno dell'Istituto Oncologico Paoli-Calmettes
Marsiglia, il Luogo di raccoglimento e di preghiera, multiconfessionale e laico,
concepito e realizzato dall'artista.

Palla di giornali
1966-68 |
Nel 2002 è
direttore artistico della Biennale Internazionale Arte Giovane Torino intitolata
Big Social Game. Nello stesso anno riceve dalla Presidenza della Repubblica
Italiana il Diploma di Benemerito della Cultura e dell'Arte.
Nel 2003 è insignito del Leone d'Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia.
Nella stessa rassegna viene presentato Love Difference-Movimento Artistico per
una Politica Inter-Mediterranea, progetto nato nell'aprile del 2002 all'interno
di Città dell'arte, per il quale Pistoletto realizza un grande tavolo
specchiante a forma di bacino del Mediterraneo, attorno al quale si svolgeranno
molte delle future attività di Love Difference.
Nel 2004 l'Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in
Scienze Politiche. In tale occasione l'artista annuncia pubblicamente quella che
costituisce la fase più recente del suo lavoro, denominata Terzo Paradiso, il
cui simbolo è il Nuovo segno d'infinito da lui creato nel 2003.
Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, "per la sua
carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui
instancabile intelligenza ha dato origine a forme d'arte premonitrici che
contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo".
Sue opere sono presenti nelle collezioni dei maggiori musei d'arte moderna e
contemporanea, tra i quali: MOMA, New York; Guggenheim Museum, New York;
Beaubourg, Parigi; Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma; Museo d'Arte
Contemporanea, Seul; Contemporary Art Museum, Toyota; Museo Reina Sophia,
Madrid; MACBA, Barcellona; Smithsonian Institute Hirschhorn Museum, Washington;
Museo d'Arte contemporanea, Rivoli; Tate Modern, Londra.
Ha partecipato a nove edizioni della Biennale di Venezia (1966, 1976, 1978,
1984, 1986, 1993, 1995, 2003, 2005) e a quattro della Documenta di Kassel (1968,
1982, 1992, 1997).

Divisione e moltiplicazione
dello specchio 1975-79 |
Principali mostre personali nei musei: 1966: Walker Art Center, Minneapolis; 1967: Palais des Beaux Arts, Brussels;
1969: Boymans van Beuningen Museum, Rotterdam; 1973: Kestner Gesellschaft,
Hannover; 1974: Matildenhohe, Darmstadt; 1976: Palazzo Grassi, Venezia;
1978: Nationalgalerie, Berlin; 1979: Rice Demenil Museum, Houston; 1983:
Palacio de Cristal, Madrid; 1984: Forte di Belvedere, Firenze; 1988: P.S.1
Museum, New York; Staatliche Kunsthalle, Baden-Baden; 1989: Kunsthalle,
Bern; Secession, Wien; 1990: Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma; 1991:
Museet for Samditkunst, Oslo; 1993: Deichtorhallen, Hamburg; 1994: National
Museum of Contemporary Art, Seoul; 1995: Museum des 20. Jahrhunderts, Wien;
1996: Lenbachhaus, Munch; 1997: Museo Pecci, Prato; 1999: MMAO, Oxford;
Henry Moore Foundation, Halifax; Galerie Taxispalais, Innsbruck; 2000: GAM,
Torino; MACBA, Barcellona; Fondazione Burri, Città di Castello; 2001:
Contemporary Museum of Bosnia, Sarajevo; Ludwig Museum, Budapest; 2003:
MuHKA, Antwerpen; 2005: Galleria Civica, Modena; 2007: MAMAC, Nice.
Testi dell'artista I Plexiglass La parete esiste come principio e come fine di questa mia storia. Sulle
pareti si appendono sempre i quadri, ma è sulle stesse pareti che si mettono
anche gli specchi. Credo che la prima vera esperienza figurativa dell'uomo
sia il riconoscere la propria immagine nello specchio, che è la finzione più
aderente alla realtà. Ma subito dopo il riflesso dello specchio incomincerà
a rimandare le stesse incognite, le stesse domande, gli stessi problemi che
ci pone la realtà; incognite e questioni che l'uomo è spinto a riproporre
sui quadri. La mia prima questione sulla tela è stata la riproduzione della mia
immagine, appena accettata l'arte come una seconda realtà. Il mio lavoro per un periodo è consistito intuitivamente nel tentativo di
avvicinare le mie due immagini, quella proposta dallo specchio e quella
proposta da me. La conclusione è stata la sovrapposizione del quadro allo specchio: la
pittura si sovrappone e aderisce all'immagine della realtà. L'oggetto figurativo che ne nasce mi dà la possibilità di proseguire la mia
indagine all'interno del quadro come all'interno della vita, visto che le
due cose sono figurativamente legate. Infatti mi trovo nel quadro, oltre il
muro bucato dallo specchio, anche se non materialmente. Anzi, siccome
fisicamente mi è impossibile entrarci, per indagare nella struttura
dell'arte devo fare uscire il quadro nella realtà, creando la finzione di
trovarmi oltre lo specchio. È facile in questi anni equivocare sull'identità tra oggetto-reale e
oggetto-arte. Una "cosa" non è arte; l'idea espressa della stessa "cosa" può
esserlo." Estetica e realtà si possono identificare, ma ciascuna restando nella sua
vita autonoma. Non si possono sostituire l'una all'altra senza che una delle
due rinunci alla sua necessità di esistere. È perciò che finisco questa
presentazione del mio lavoro rimanendo all'idea del muro. Perché all'idea
del muro può stare attaccata l'idea del quadro, a cui può essere legata
l'idea di un soggetto. In questo momento per me la "cosa" è la struttura dell'espressione
figurativa, che ho accettato come realtà. L'invadenza fisica del quadro
nell'ambiente reale, portando con sé le rappresentazioni dello specchio, mi
permette di introdurmi tra gli elementi scomposti della figurazione. (Michelangelo
Pistoletto, I plexiglass, Galleria Sperone, Torino
1964).
Oggetti in meno
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Specchio rotto
Guggenheim Museum
New York City, 1978) |
Nel marzo del 1962
esposi alla Promotrice di Torino il primo quadro specchiante, intitolato Il
presente. L'uomo dipinto veniva avanti come vivo nello spazio vivo
dell'ambiente; ma il vero protagonista era il rapporto di istantaneità che si
creava tra lo spettatore, il suo riflesso e la figura dipinta, in un movimento
sempre "presente" che concentrava in sé il passato e il futuro, tanto da far
dubitare della loro esistenza: era la dimensione del tempo.
Mi pare, con i miei recenti lavori, di essere entrato nello specchio, entrato
attivamente in quella dimensione di tempo che nei quadri specchianti era
rappresentata. I miei recenti lavori testimoniano la necessità di vivere e agire
secondo questa dimensione, cioè secondo l'irripetibilità di ogni attimo, ogni
luogo e quindi di ogni azione presente.
Nella presentazione per la mostra dei Plexiglass esposti a Torino da Sperone nel
1964, dicevo del mio intendimento di portare nello spazio abitativo il
significato dello specchio.
La dimensione nuova nei quadri specchianti si rivela per virtù della simultanea
rappresentazione delle tre dimensioni tradizionali e della realtà in movimento
letteralmente riprodotta. Tutti gli ingredienti del quadro sono elementi così
reali che il risultato non può essere un'ipotesi. Il risultato è vero. Bisogna
trovare il punto in cui convergono le tre dimensioni più la staticità e il
movimento - questa zona di convergenza la possiamo individuare nella linea di
contorno che segna il trapasso tra la silhouette e il fondo specchiante. Questa
linea è al tempo stesso immobile come la silhouette e mobile come il fondo - è
tracciata su una superficie piana che comprende la silhouette e il fondo, e
quindi è il contorno di figure bidimensionali, poiché anche il fondo è ribaltato
su una superficie piana - la terza dimensione si rivela su questa stessa linea
per il senso di distanza che percepiamo tra noi e la silhouette e noi
specchiati: tutto è focalizzato su questa linea. Questa linea, che è in parte
mobile e in parte statica, che oltre a essere monodimensionale è bidimensionale
e tridimensionale, è "contemporaneità", e nel mio quadro è rappresentata. Quello
che a me interessa oggi è di introdurmi fisicamente in questa linea di
convergenza delle quattro dimensioni, come se io riuscissi ad abitare tra la
silhouette e il fondo specchiante.
Bisogna considerare che ogni luogo si crea in virtù di un movimento, ovvero una
distanza è misurabile in rapporto alla velocità di percorrenza. Nei miei quadri
specchianti il riflesso dinamico non crea un luogo, perché esso non fa che
riflettere un luogo che già esiste - la silhouette statica non fa che riproporre
un luogo preesistente. Ma io posso creare un luogo provocando il passaggio tra
il fotogramma e lo specchio. Questo luogo è il tempo intero.
Se il fotogramma
potesse compiere oltre il suo gesto interrotto un secondo gesto, comincerebbe a
intercorrere un tempo tra i due gesti, ma questo non avviene, per cui il
fotogramma rappresenta il massimo di lentezza. Il riflesso per sua virtù è
simultaneo all'immagine reale - non intercorre tempo tra un corpo e il suo
riflesso - se il riflesso avvenisse un attimo prima o un attimo dopo la presenza
del corpo, sarebbe misurabile la velocità dell'immagine per diventare riflesso,
ma questo non avviene - nel caso dello specchio l'immagine è così veloce da
essere corpo e riflesso simultaneamente e quindi rappresenta il massimo di
velocità.
Nell'intercorrenza dal fotogramma (minimo di velocità) al riflesso (massimo di
velocità) esistono tutti i luoghi e tutti i tempi possibili - ma siccome questi
due estremi nel quadro coincidono, noi percepiamo insieme l'annullamento di
tutti i luoghi e di tutti i tempi creati, cioè l'annullamento all'istante della
creazione.
Il passato e il futuro in questa storia non hanno niente a che vedere.
Solo il materiale e il linguaggio durano a testimoniare la mia azione di un
preciso momento; ma se io mi limito a ripetere la stessa azione nel tempo, non
realizzo il significato di istante conclusivo sempre nuovo e sempre sconvolto,
assolutamente aperto e bloccato insieme, che con l'azione dei quadri specchianti
avevo rappresentato; mentre il loro significato suggerisce azioni libere di
manifestarsi in qualunque tempo e luogo. I miei lavori infatti non vogliono
occupare uno spazio di tempo, ma nella contingenza aprono e chiudono la loro
storia. Come non occupa spazio il rapporto tra la silhouette e lo specchio (pur
suggerendo tutto il tempo esistente) così ogni lavoro nuovo avviene come
all'interno dello scatto tra la carta velina del fotogramma e lo specchio dei
quadri precedenti.
Un linguaggio da attuale diventa inattuale - se un artista lo protrae, anziché
protagonista del linguaggio ne diventa esecutore ed esce con esso dal tempo
attuale.
Ma non c'è un momento giusto per rinnovare il linguaggio: è sempre troppo tardi,
se si accetta un meccanismo evolutivo generale.
Bisogna che l'azione artistica contenga in sé un sistema dinamico individuale.
La mia idea di attualità è contraria al tempismo. Per tempismo intendo un'azione
anche originale e assolutamente nuova che soddisfi l'aspettativa di una società
che richiede il continuo rinnovamento del panorama artistico, quando l'esigenza
di questa società, altrimenti lecita e reale, diventi automatica come un vizio.
L'individuo che accetta questo meccanismo automatico di richiesta evolutiva
rischia di legarsi a un solo attimo di attualità. Sia per rafforzare, per dare
volume e diffusione alla sua idea, sia per appagare il suo desiderio di essere
riconoscibile e la tendenza miticizzante della società, è costretto a ripetersi
e a lasciare a un altro l'attualità seguente.

Le quattro stagioni 1983-85 |
Se il singolo non
ingloba nel suo stesso sistema individuale l'idea dinamica della trasformazione
e dell'irripetibilità di ogni azione, è costretto ai momenti drammatici che
derivano dal vedere l'attualità in mano ad altri. Io ho potuto vedere il passare
d'attualità di molte situazioni artistiche interessanti e, anche se ne rimane il
valore storico, non posso non pensare all'inevitabile situazione di angoscia
dell'artista un tempo proteso nell'azione attuale e ora escluso. La stessa cosa
può succedere per un'azione che sarà attuale nel futuro. Io non mi sento di
aderire a un'idea prestabilita di attualità: nel migliore dei casi ogni
predisposizione in questo senso drammatizza il presente nella tensione ad
abbandonare il passato e nella speranza di una realizzazione futura. Mi
interessa di inquadrare la mia azione fuori del tempo convenzionalmente inteso.
Non m'importa che un mio lavoro risponda o meno all'esigenza attuale generale,
ma che ogni lavoro esprima una reale percezione contingente, e che sia comunque
sempre diverso dall'espressione precedente. Se la mia azione è percettivamente
autentica e aderente alla contingenza, non avrà bisogno di essere ripetuta,
perché si sarà esaurita nella sua espletazione.
Il rapporto con l'attualità
esterna dovrebbe essere comunque implicito, in quanto la combinazione tra
l'esperienza delle mie azioni precedenti e quelle fornite dalla conoscenza
esterna determina la mia nuova percezione. Io voglio che il risultato, anziché
drammatizzare, tranquillizzi il mio rapporto con l'esterno.
I lavori che
faccio non vogliono essere delle costruzioni o fabbricazioni di nuove idee, come
non vogliono essere oggetti che mi rappresentino, da imporre e per impormi agli
altri, ma sono oggetti attraverso i quali io mi libero di qualcosa – non sono
costruzioni ma liberazioni - io non li considero oggetti in più ma oggetti in
meno, nel senso che portano con sé un'esperienza percettiva definitivamente
esternata.
Secondo l'idea che ho del tempo, bisogna sapersi liberare di una posizione
mentre la si conquista. È forse più aderente alla realtà che gli altri, invece
di farsi un'opinione su di me, la cambino. Credo che, se agisco secondo la
dimensione del tempo, sia difficile trovarmi nel luogo dove mi si aspetta.

Tavolo Love Difference 2003 |
La mia idea
evolutiva è nello stesso tempo anti-evolutiva, come camminare su un
tapis-roulant che va all'indietro.
A differenza dei quadri specchianti, le mie cose di oggi non rappresentano, ma
"sono". Un lavoro singolo è un vocabolo di un discorso che potrebbe avere la
durata della vita e, nello stesso tempo, è un linguaggio concluso in sé. In
questo senso tendo a considerare la durata della mia vita come un quadro libero
per qualunque luogo.
Ogni oggetto, dal momento che è fatto, può entrare nell'inerzia di un'energia
consumata senza trascinarmi con sé, se io sono già attivo in un altro luogo.
Il materiale è scelto di volta in volta a seconda di una particolare necessità
percettiva - tutti i materiali per me sono idonei, non ci sono materiali più
moderni o meno moderni - un oggetto complicatissimo di materiali e idee può
avere un senso primario come un oggetto semplicissimo che risponda a una
necessità elementare, perché va considerato come un modo concluso in sé per la
sua unità totale. Un elemento, per esempio lo specchio in molti miei lavori
recenti, può anche essere mantenuto costante in più oggetti, perché accostato a
situazioni e materiali diversi assume ogni volta un diverso significato
all'interno della nuova combinazione. Altri oggetti possono essere determinati
addirittura da una necessità puramente pratica di consumo, come la Struttura per
chiacchierare in piedi.
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