da Volpedo

 

Giuseppe Pellizza da Volpedo

 

 


Giuseppe Pellizza
nacque nel 1868 a Volpedo da una coppia di piccoli proprietari terrieri, dediti soprattutto alla viticoltura; la commercializzazione dei loro prodotti interessava l'area dell'alessandrino, ma anche Milano. Fu proprio grazie a questa attività che i Pellizza, che non avevano esperienze specifiche in ambiti culturali o artistici, entrarono in contatto con personaggi di primo piano della cultura milanese dell'Ottocento, come i fratelli Grubicy, mercanti d'arte che sostenevano l'arte contemporanea e in particolare la pittura della Scapigliatura. Alberto Grubicy, soprattutto, giocò un ruolo fondamentale nella vita di Giuseppe; i Pellizza lo conobbero tramite i Della Beffa, una famiglia di collezionisti di pittura di origine vogherese che acquistava il vino da loro e che, avendo saputo che Giuseppe amava copiare le illustrazioni dalle riviste e che avrebbe desiderato coltivare la sua naturale disposizione al disegno, chiese ed ottenne l'interessamento di Alberto Grubicy per l'iscrizione del giovane in un'accademia d'arte.

Fu così che Giuseppe Pellizza, dopo aver frequentato le scuole a Castelnuovo Scrivia, venne iscritto all'Accademia di Brera a Milano, dove iniziò a studiare il disegno, la copia dal modello, la copia dall'incisione e la tecnica del chiaroscuro.

Nello stesso tempo egli frequentava lo studio del pittore Giuseppe Puricelli, attento alla pittura di verità e di natura, che insegnava ai giovani allievi i primi rudimenti della tecnica a olio, e successivamente quello di Pio Sanquirico, altro pittore importante nella Milano degli anni Settanta.


 


la processione

il sole

Quarto

 

Egli si iscrisse inoltre alla "Famiglia Artistica", un'associazione culturale che accompagnava l'iter accademico di formazione degli artisti e che forniva loro la possibilità di dipingere l'uno a fianco dell'altro e di confrontare gli esiti, in vista di un arricchimento di esperienze.

 

 

 

 

Terminato il tirocinio milanese sotto la guida di illustri maestri (a Brera c'erano professori come Francesco Hayez e Giuseppe Bertini) con ottimi risultati, Pellizza decise di proseguire altrove i suoi studi e scelse di andare a Roma.

In un primo tempo egli si iscrisse all'Accademia di San Luca, ma ben presto si accorse che lì, contrariamente a quanto accadeva a Brera, gli studenti non erano ben seguiti dagli insegnanti.

Pellizza cominciò dunque a frequentare le lezioni dell'Accademia di Francia, presso Villa Medici, che era stata nel corso del Settecento e per tutto l'Ottocento meta degli artisti francesi che avevano raggiunto Roma.  Questa seconda esperienza fu senz'altro più positiva, ma nel complesso il soggiorno romano fu un po' deludente per l'artista diciannovenne, che infatti lo interruppe prima del previsto.

Tuttavia Roma fu per lui importante perché vi poté visitare i Musei Vaticani e studiare dal vero le opere di Raffaello, di Michelangelo e di altri grandi artisti del passato.
 

Pellizza si recò quindi a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti, trovando un ottimo maestro in Giovanni Fattori ed un ambiente culturalmente ricco e vivace.

Firenze infatti, dopo la breve stagione da capitale d'Italia, era rimasta comunque un'indiscussa capitale artistica di dimensione internazionale, meta di molti artisti, soprattutto inglesi, e sede di importanti istituzioni culturali, come il Gabinetto Vieusseux.

Egli poté inoltre visitare altri grandi musei, consapevole di quanto la riflessione sull'arte del passato contribuisse ad approfondire la sua preparazione, e a tale scopo si procurò le riproduzioni artistiche che lo studio Alinari di Firenze cominciava allora a mettere in commercio, quale sussidio per meglio ricordare quanto aveva visto.

 

 


La preghiera

Lo specchio della vita

Ritratto della madre

 

Alla fine dell'anno accademico, tuttavia, egli lasciò Firenze per tornare a Volpedo, pronto ormai, secondo il giudizio dello stesso Fattori, ad affrontare la pittura dal vero attraverso lo studio della natura.

Una volta a casa, però, dopo essersi dedicato agli studi di testa e alla pittura di paesaggi, accingendosi a dipingere la figura umana di grandi dimensioni, scoprì di non avere raggiunto l'abilità che avrebbe desiderato, perciò volle perfezionarsi ulteriormente e si recò a Bergamo.
 

 

 

All'Accademia Carrara di Bergamo insegnava pittura un ritrattista bravissimo, il famoso Cesare Tallone, che seguiva con passione i propri allievi. Pellizza frequentò per due anni i suoi corsi accolto come allievo particolare del maestro, non come allievo di accademia, avendo superato i limiti di età, e acquisì la sicurezza che gli mancava nel disegno dal vero della figura umana completa e del nudo.

Nell'ambiente bergamasco egli poté stringere amicizia con giovani pittori come lui ed ebbe l'opportunità di vivere un'esperienza molto formativa, simile a quella che i pittori di un tempo vivevano nelle botteghe d'arte.

Con gli amici bergamaschi nel dicembre del 1889 Pellizza intraprese il suo primo viaggio a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale.

Fu un viaggio assai importante per lui, in quanto arricchì il suo bagaglio artistico e culturale con esperienze internazionali, ma fu segnato da una tragedia, perché a Parigi egli fu raggiunto dalla notizia della morte della sorella Antonietta e tornò rapidamente a casa.

Non ancora del tutto soddisfatto della sua preparazione, Pellizza volle frequentare l'Accademia Ligustica a Genova per perfezionarsi nello studio del paesaggio, ma vi rimase ben poco, forse perché si accorse di non avere più nulla da apprendere dalle scuole.

 


Panni al sole

La Piazza di Volpedo

Speranze deluse

 

Lì tuttavia rivide l'amico livornese Plinio Nomellini, conosciuto a Firenze, mentre continuava a coltivare l'abitudine, assunta fin dagli anni giovanili, di intrattenere relazioni epistolari con i compagni di studio, come testimoniano le numerose lettere scambiate con il ticinese Edoardo Berta, o con lo stesso Nomellini e il suo concittadino Guglielmo Micheli, o con il bergamasco Romeo Bonomelli.

 

 

 

Giunto al termine di questo tirocinio, egli decise di fermarsi a vivere e a lavorare nel proprio paese natale. Tale decisione fu consolidata dal matrimonio contratto nel 1892 con la diciassettenne Teresa Bidone, una ragazza di umili origini, ma che gli fu compagna insostituibile, non solo collaborando con i suoi genitori nella conduzione delle terre di famiglia, ma anche imparando a leggere, a scrivere e a far di conto, per poter condividere tutti i suoi problemi.

Dal 1892 inoltre egli cominciò ad aggiungere al suo cognome quel "da Volpedo" che (forse in partenza usato come un vezzo desunto dai quattrocentisti, che aveva imparato ad amare frequentando i musei a Roma e a Firenze) finì poi per connotare costantemente la sua firma.

Iniziò ad inviare i suoi quadri alle prime esposizioni importanti, come la prima Triennale di Milano del 1891; ben presto divenne conosciuto e cominciò a viaggiare per l'Italia al seguito delle sue opere, recandosi, dopo Milano, ad esempio a Genova nel 1892 per la grande mostra celebrativa della scoperta dell'America, e quindi di nuovo a Milano nel 1894 per la seconda Triennale, e ottenendo importanti riconoscimenti.

Nel frattempo egli aveva adottato il divisionismo e viaggiando poteva confrontarsi con gli altri pittori che usavano questa tecnica, soprattutto Segantini, Morbelli e Longoni, e in parte anche Previati, e con altri illustri artisti.

Convinto che l'ormai raggiunta perizia tecnica dovesse accompagnarsi ad una altrettanto approfondita preparazione intellettuale, tra il 1893 e il 1894 Pellizza stette per alcuni mesi a Firenze per frequentare l'Istituto di Studi Superiori ed ampliare così la sua cultura storica ed umanistica.

 


 


Autoritratto

Autoritratto

Ritratto del padre

Il viaggio a Firenze fu un'occasione anche per visitare città non ancora a lui note come Pisa, e per rivedere amici e musei.

Nel 1896 fece poi un viaggio a Roma e a Napoli, mentre tra il 1892 e il 1897 si recò costantemente a Torino, Milano e Venezia in occasione delle più importanti rassegne pittoriche nazionali, stringendo nuove amicizie, ad esempio con i piemontesi Leonardo Bistolfi e Giovanni Cena, con cui Pellizza condivideva aspirazioni ed inclinazioni artistiche.

 

 

 

Nello stesso tempo Volpedo cominciava a diventare una meta per i suoi amici: Morbelli, innanzi tutto, Bistolfi e Vittore Grubicy.

In questi anni Pellizza, abbandonando la semplice ripresa dal vero, cominciava ad orientarsi verso un'arte di tipo simbolista. Nel 1900 egli poté ritornare, dopo undici anni, a Parigi per l'Esposizione Internazionale cui partecipava anche il suo Specchio delle Vita già esposto a Torino nel 1848, che si impose come un'opera cardine nelle discussioni sul simbolismo.

Nel 1902 espone Il quarto stato alla Quadriennale torinese, sperando di ottenere un grosso riconoscimento. Non fu così, ma ciò non costituì un motivo di grave sconforto per Pellizza, che piuttosto rimase profondamente colpito dal mutamento, in questa circostanza, dei rapporti che aveva instaurato con molti dei suoi amici. I grandi temi della giustizia sociale, dell'uguaglianza e della libertà che il quadro rappresentava innescarono infatti una serie di polemiche e crearono un certo sconcerto tra di loro. Il quarto stato, pur volendo dar conto di una determinata realtà, non si prestava certo a facili strumentalizzazioni, cosicché deluse sia chi pensava che sarebbe stata un'opera assolutamente idealistica, sia chi l'avrebbe invece voluta più esplicitamente schierata. Pellizza dunque, interrottosi il confronto che lo aveva arricchito finora con alcuni letterati e artisti del tempo, si ritrovò più solo.

Per di più nel frattempo era morto Segantini, a lungo suo punto di riferimento ideale; l'unico a rimanergli vicino fu Morbelli, che era un grande pittore, ma non aveva la stessa ampiezza di interessi di Pellizza.


 


Ritrato di Della Beffa

San Luigino

Scorcio mezza anatomia

Egli si ritrovò quindi con una vita di relazioni da ricostruire, cosa che fece tra 1903 e 1904, rinsaldando i rapporti con qualche piemontese, in particolare Matteo Olivero e Giovanni Cena. Cena era corrispondente di vari giornali italiani da Londra, dove aveva vissuto tra 1902 e 1904, e aveva interessi affini a quelli di Pellizza: era vicino alle classi popolari senza essere ostinatamente populista, aveva una cultura umanistica di grande respiro e mostrava interesse anche per il simbolismo.

 

 

 

In questi anni Pellizza non viaggiò molto, fino al 1904, quando decise di intraprendere un viaggio nei luoghi segantiniani, in Engadina. Dedicandosi alla pittura di paesaggio, infatti, aveva sentito il bisogno di riflettere maggiormente sull'opera di Segantini, perciò volle andare a visitare le alte vette che avevano spesso ispirato l'artista ormai scomparso.

Nel frattempo aveva dipinto ottimi quadri che avevano iniziato a circolare nuovamente per le esposizioni italiane e internazionali.

Nel 1906 riuscì a realizzare il suo progetto di un nuovo viaggio a Roma, dove trovò ad accoglierlo Giovanni Cena, che sperava di fare di lui il pittore della campagna romana. Il soggiorno romano fu importante, poiché gli permise di vendere due opere: infatti, anche se egli aveva esposto con continuità i suoi quadri nei primi anni del '900, non aveva venduto quasi nulla, tranne qualche ritratto eseguito su commissione.

Sempre nel corso del 1906, in occasione dell'esposizione di Milano, vendette altre due opere, di cui una allo Stato, sorta di risarcimento tardivo del mancato acquisto del Quarto stato. Si trattava del Sole, che ebbe quale ambita motivazione di acquisto la destinazione alla Galleria d'Arte Moderna: ancora oggi il quadro è a Roma, patrimonio della Galleria Nazionale.

Questo sembrava per Pellizza l'inizio di un periodo nuovamente fortunato, coronato dal riconoscimento della validità delle scelte di arte e di vita da lui perseguite con tenacia e rigore.

Ma nel 1907 la morte, in conseguenza di un parto sfortunato, del figlio (il terzogenito, dopo le due bimbe Maria e Nerina, nate rispettivamente nel 1898 e nel 1902) e dell'amatissima moglie, causarono una profonda depressione all'artista, che si tolse volontariamente la vita nel proprio studio la mattina del 14 giugno.

 

 

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