Veronese Paolo

Paolo Veronese

Pittore, nato a Verona nel 1528 circa, figlio di Gabriele: uno «spezapreda» veronese, imparò da bambino  a modellare la creta, prendendo esempio  dal padre, uno scultore di elementi architettonici evidentemente di un certo successo se poté permettersi di mandare suo figlio  a studiare pittura nella bottega di Antonio Badile, che era uno degli artisti più affermati della città.
 


Christ & the Woman of Samaria,
Art History Museum, Vienna

The Wife of Zebedee Interceding
with Christ over her Sons,
detail of angels, undated,
Burghley House at Stamford, Englan

i
n the House of Levi, 1573
Galleria della Academia at Venice


Nel 1541, Paolo tredicenne  è residente nella casa del maestro. A Verona, in quegli anni, vi era un certo fervore artistico che faceva centro sulla figura di Michele Sanmicheli, il grande architetto nutritosi dell'atmosfera della Roma di Bramante, Michelangelo e Raffaello, creatore di opere sottili, complesse e incredibilmente originali, che avevano immediatamente risvegliato la viva curiosità del giovane pittore.
 

 

Fu proprio il Sanmicheli a scoprire il talento di Paolo e ad assegnargli una delle sue prime commissioni: la decorazione di due sale del piano nobile di Palazzo Canossa.

 

In collaborazione con lo stuccatore preferito del Sanmicheli, Bartolomeo Ridolfi, egli affrescò in una stanza, al centro della volta, "Mosé che riceve le Tavole della Legge" e attorno alcune scene veterotestamentarie tratte dalle storie di Giuseppe, Davide e altri personaggi.
Verso la fine del 1545, o agli inizi del 1546, Paolo pose mano a una delle sue prime composizioni monumentali a più figure: la "Conversione della Maddalena". In questo periodo Paolo lavora a stretto contatto con tutti gli artisti dell'epoca che allora si trovavano a Verona. Degli ultimi anni del quinto decennio possediamo un maggior numero di opere, tra cui il teso e plastico "Battesimo di Cristo", con quel suo arioso paesaggio, il ritratto gentilmente poetico di un "Giovane gentiluomo in pelliccia di lince", con echi del Moretto e di Jacopo Tintoretto, e la grave e monumentale "Consacrazione di Davide" (Vienna, Kunsthistorisches Museum) che compendia e in pratica finisce il periodo giovanile di Paolo Veronese.


 


Pietà, 1576-82
The Hermitage
at St. Petersburg

St. Lucy and a Donor,
c. 1580

The Finding of Moses,
c. 1570-75

Dopo l'apprendistato presso il Badile, il perfezionamento della tecnica sull'esempio del Caroto e del Brusasorzi, l'ingresso nei circoli umanistici grazie all'intervento del Sanmicheli, è assai più illuminante riconoscere che la crescita e la maturazione del giovane pittore dipesero piuttosto dalla naturale curiosità con cui sapeva affrontare nuove esperienze, culturalmente e geograficamente assai diverse, e dall'equilibrio che gli consentiva di assorbirle nel modo a lui più vantaggioso.

 

 

 
Intorno al 1546-1552 si osserva nei pittori veronesi della vecchia generazione - Badile e Brusasorzi compresi - la nascita di un nuovo stile, più vario e ricercato, che è proprio da imputarsi all'elemento rivoluzionario introdotto a Verona dal giovane maestro. Così, i più dotati tra i suoi contemporanei, come Battista Zelotti e Paolo Farinati, divennero di fatto suoi allievi.

Intorno al 1550 era ormai chiaro che  un simile talento occorressero orizzonti più vasti di quelli che gli potevano offrire la natia Verona.
Il Sanmicheli portò un'intera équipe dei suoi pittori preferiti ad affrescare La Soranza, la villa che aveva appena finito di costruire in località Treville, e questi furono guidati dal Veronese a creare quello che fu l'esempio fondamentale da cui scaturirono i cicli decorativi della classica tradizione veneta e che condusse pochi anni dopo alla nascita degli affreschi di Villa Barbaro a Maser.
Dipinse La "Tentazione di S. Antonio" (Caen, Musée des Beaux-Arts) insieme ad altri quattro pittori dell'epoca e fu considerata dal Vasari la migliore tra le prove, che si esprime in quest'opera con un linguaggio diverso, tenebroso e involuto, che è quello delle astrazioni di gusto romaneggiante - l'unico segno di interesse per Giulio Romano che egli abbia mai dimostrato in tutta la sua carriera.


 


The Allegory of Love:
Unfaithfulness, 1570,
National Gallery at London

The Family of Darius before Alexander, National
Gallery at London

T
he Wife of Zebedee Interceding
with Christ over her Sons,
detail of angels, Burghley
House at Stamford, Englan

Questa notevole commissione e forse anche le sue prime incursioni a Venezia segnalarono il giovane artista all'attenzione di Daniele Barbaro, tornato da poco da una missione diplomatica in Inghilterra, appena nominato patriarca di Aquileia e probabilmente già impegnato a preparare la sua edizione del Vitruvio. Il Barbaro ideò il programma del nuovo soffitto del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale, la cui esecuzione venne in un primo tempo affidata al Ponchino: un pittore abbastanza incompetente che il patriarca doveva avere conosciuto a Roma.

 

 

Subito dopo furono chiamati a collaborare lo Zelotti e il Veronese e a quest'ultimo toccò la parte del leone. Il suo Giove che folgora i Vizi (Parigi, Louvre) fece grande scalpore sulla scena veneziana e divenne l'esempio più autorevole di soffitto di tipo illusionistico, superando l'esempio del Pordenone (perduto) nella Sala dello Scrutinio.
Ai lavori in Palazzo Ducale del 1553 - 1554 seguirono altri incarichi pubblici e privati, tra cui la "Trasfigurazione" (Montagnana, duomo) del 1555 - 1556, il soffitto della sagrestia di San Sebastiano e quello dell'omonima chiesa del 1556, commissionati dal priore del convento, il veronese padre Torlioni.
Nel 1556 anche la grande sala della Libreria del Sansovino era ormai pronta per la decorazione del soffitto e, a paragone con le sue opere precedenti, i tre tondi dipinti dal Veronese appaiono improntati ad una certa prudenza, se non addirittura timidi. Daniele Barbaro, gli commissionò  gli affreschi di Maser.
I religiosi veneziani, e in particolar modo i priori dei conventi, furono tra i clienti più fedeli di Paolo: non solo il padre Torlioni di San Sebastiano, ma anche i suoi colleghi di SS. Giovanni e Paolo, i Serviti, i Benedettini di San Giorgio Maggiore e altri più lontani, come gli abati di San Benedetto Po e di Praglia.
Dipinse "Venere e Mercurio davanti a Giove", precoce esempio di quelle allegorie filosofiche che realizzò numerose in seguito, e di cui nemmeno una è rimasta a Venezia. Nel primo decennio passato sulle lagune il Veronese, in collaborazione con lo Zelotti, continuò ad affrescare facciate di palazzo e a decorare soffitti per i Pisani e per altre famiglie patrizie.


 


Lucretia Stabbing Herself, 1583-84
Art History Museum, Vienna

Christ and the Woman with
the Issue of Blood, 1565-70
Art History Museum, Vienna

 

Verso il 1560 Paolo dipinse "Susanna e i vecchioni".
Di ritorno a Venezia dopo il soggiorno a Maser del 1561, cominciò per l'artista un periodo di incredibile produttività che ebbe inizio con il monumentale telero di "Federico Barbarossa che riceve l'antipapa Ottaviano" dipinto per la Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale e perduto nel disastroso incendio del 1577.

 

 

Seguirono tre sontuose pale (Londra, National Gallery; Norfolk, Chrysler Museum; la terza è perduta) per l'abbazia di San Benedetto Po e altri due dipinti di qualità appena un poco inferiore (Praglia, abbazia di Padova, Museo Civico) destinati agli altari di Praglia, dove lo Zelotti aveva messo bottega.
Nel 1560 a Verona, morì il suo vecchio maestro Badile.
Il 6 giugno 1562 Paolo firmò il contratto per l'impresa più ambiziosa che avesse intrapreso fino a quel momento: le gigantesche "Nozze di Cana" Parigi, Louvre.
Nel 1565  tornò a Verona e sposò la figlia del Badile, Elena.
Dipinse Il "San Girolamo" (Murano, San Pietro Martire) del 1566, il "Daniele Barbaro" del 1556-1557 circa, il "Martirio di San Giorgio" (Verona, San Giorgio in Braida) dipinto intorno al 1568, e lo straordinario notturno della "Visita di San Pietro e Sant'Agata" (Murano, San Pietro Martire) del 1569 sono tutte opere tipiche di questo particolare momento.
Nel 1571 dipinse il ciclo dei quattro teleri (Dresda, Gemäldegalerie) e la Coccia sul Canal Grande.
L'imperatore Rodolfo II nel 1576 si rivolse  al Veronese per ordinare i principali capolavori di soggetto mitologico con il quale intendeva adornare l’Hradscin. Tra le sue prime commissioni, le "Allegorie dell'Amore" (Londra, National Gallery), forse databili addirittura al 1575.
Paolo Veronese, partecipò con solo tre tele alla ricostruzione della Sala del Maggior Consiglio.
Paolo morì - a quanto sembra di broncopolmonite durante la notte tra il 19 e il 20 aprile del 1588 - non aveva ancora compiuto i sessantanni ed era quindi relativamente giovane rispetto alle venerabili età raggiunte da tanti pittori veneziani.

 

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