Espressionismo

 

L'impressionismo  

Movimento artistico sorto in Francia nella seconda metà dell’Ottocento.

Deriva il suo nome dall’appellativo  di “impressionisti” dato in senso spregiativo da un giornalista dell’epoca al gruppo di artisti rifiutati dalle esposizioni ufficiali dei Salons e che esposero per proprio conto nello studio del fotografo Nadar a Parigi.

Antecedenti del movimento in senso antiaccademico e realista furono il romantico Delacroix opposto al neoclassico Ingres".



Movimento artistico sorto in Francia nella seconda metà dell’Ottocento.

Deriva il suo nome dall’appellativo  di “impressionisti” dato in senso spregiativo da un giornalista dell’epoca al gruppo di artisti rifiutati dalle esposizioni ufficiali dei Salons e che esposero per proprio conto nello studio del fotografo Nadar a Parigi.

Antecedenti del movimento in senso antiaccademico e realista furono il romantico Delacroix opposto al neoclassico Ingres, sono i pittori della Scuola di Barbizon che dipingevano già all’aria aperta vedute di natura non idealizzata, Corot con la sua pittura volta alla ferma anche se emozionante rappresentazione del vero, Courbet con il suo sguardo sulla realtà quotidiana.

Le innovazioni tecnico-linguistiche degli impressionisti sono costituite dall’abbandono del chiaroscuro di derivazione accademica nella pittura e dall’eliminazione del nero per dipingere le ombre, nonché dall’uso del colore , in modo che corrisponda alle sensazioni percettive dirette, senza la mediazione dell’esperienza (che ad esempio ci fa dire che un foglio è bianco anche se lo vediamo illuminato da una luce gialla o blu: per gli impressionisti il foglio è effettivamente giallo o blu e come tale lo dipingono).

Le impressioni che si ricevono dalla  percezione immediata del mondo sono per gli impressionisti le più autentiche e vere e anche le più adatte a rendere il senso del tempo che trascorre, nel quale le cose non sono mai identiche un attimo dopo l’altro, ma in continua mutazione come la luce del giorno.

E' quindi un’arte corrispondente alla nuova realtà urbana dell’Ottocento, allo sviluppo seguito alla rivoluzione industriale, alla crescita della borghesia commerciale con la sua voglia di affermarsi e di godere dei frutti del proprio lavoro a teatro, nei bar, alle regate, alle corse dei cavalli, ed è così che spesso gli impressionisti la ritraggono nelle loro opere.

Il movimento, in sé, quindi, senza intenzioni rivoluzionarie, è  totalmente rivoluzionario per quel che riguarda il rinnovamento del linguaggio dell’arte ancorato non più a determinate leggi, ma al mutare dell’esperienza del mondo, portando a termine la rottura di tutti gli equilibri antichi iniziata con l’opera di Turner e aprendo definitivamente la via a tutte le esperienze dell’arte contemporanea.

I maggiori rappresentanti dell’Impressionismo sono i francesi
Manet, Monet, Renoir, Degas e Cézanne.

Vicina all’esperienza dell’Impressionismo è quella del Pointillisme (Puntinismo) di Seurat e Signac, che portando alle estreme e scientifiche conseguenze la giustapposizione dei colori impressionisti adottarono il principio rigoroso della scomposizione del colore in elementi separati complementari che vengono ricongiunti dall’occhio dell’osservatore nella percezione in una sintesi non manipolata preventivamente dall’artista.

Anagraficamente l'Impressionismo nasce a Parigi intorno alla metà dell'Ottocento ed ha la sua prima uscita ufficiale nel 1874, quando viene allestita la mostra della “Societé Anonyme des Artistes peintres, sculpteurs, graveurs” nei locali del fotografo Nadar, esempio di prima mostra collettiva autogestita dagli artisti fuori dai circuiti ufficiali. Tra tutti i partecipanti figurano anche quelli che verranno poco tempo dopo definiti “impressionisti”, anche se sarebbe un errore identificare questi pittori come “gruppo” organicamente costituito. L'Impressionismo, assolutamente privo sia di manifesti che di alcuna formulazione teorica, non si configura come scuola né come movimento omogeneo riconoscibile in una teoria chiaramente enunciata. Esso è piuttosto un incontro tra artisti, tra loro anche profondamente diversi, ma accomunati da un analogo modo di vedere e di rendere il visibile in termini soggettivi, spontanei, scevri di letteratura e “simbolismi”, svincolati dai rigidi e obsoleti canoni tradizionali.

Nell'Impressionismo non vi è intimismo o sentimentalismo, esso è invece la nitida applicazione di una nuova “verità ottica”; per la prima volta nella storia della pittura l'uomo esprime la poesia dell'attimo che passa, della luce sempre mutevole, che senza sosta cambia la materia delle cose. C'è la consapevolezza che tutto scorre, niente resta, ogni istante è ingoiato dal continuo fluire del tempo. Il soggetto non ha più rilevanza, l'acquista invece il modo in cui questo viene recepito dal pittore in quel preciso istante di luce, in quell'attimo irripetibile di vita fenomenica, atmosferica, e così resa nel quadro: “trattare i soggetti per i toni e non per il soggetto stesso, ecco cio' che distingue gli impressionisti dagli altri pittori”, come scrive nel 1877 uno dei più attenti critici dell'epoca, Georges Rivière.

Se i realisti rivolgevano la loro attenzione prevalentemente a soggetti umili, colti nella loro misera quotidianità, i pittori impressionisti, per eccellenza
“peintres de la vie moderne”, preferiscono cogliere gli stessi soggetti nei momenti di svago, quando nei pomeriggi festivi i parigini si recano in gita lungo la Senna e affollano i Caffè e i ristoranti all'aperto.  Tali soggetti diventano solo il pretesto, così come i paesaggi inondati dalla luce solare, per cogliere un'immediata suggestione visiva: notazioni luminose di vita colorata e movimentata, trasparenze atmosferiche, mutazioni cromatiche rese con colori puri e brillanti; la visione frammentata in mille tocchi sfavillanti di colore.

Le innovazioni tecniche che gli impressionisti sperimentano per meglio rendere il complesso dei fenomeni naturali della visione e in particolare la luce solare e le sue infinite vibrazioni e rifrazioni sono la scomposizione dei colori, non più mescolati in precedenza sulla tavolozza, ma fissati direttamente sulla tela così come escono dal tubetto, e l'invenzione delle ombre colorate, negazione del chiaro-scuro opaco della pratica accademica.

 

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Claude Monet

L'artista che maggiormente si identifica con l'Impressionismo è Claude Monet (1840-1926 - “Colazione sull'erba”, 1885; “Donne in giardino, 1866-1867; “La Grenouillière”, 1869; “Impressione, sole nascente”, 1894; “La cattedrale di Rouen in pieno sole”, 1894; “Ninfee”, 1910). Da una sua opera, “Impressione, sole nascente” un giornalista coniò beffardamente il termine “impressionismo” in seguito accettato dagli stessi artisti.
In Monet il paesaggio diviene scintillio di luce e colore, vibrazione luminosa, sensibilità cromatica resa con una “pittura pura” che traduce in sintesi pittorica l'istantaneità della visione. I colori sono stesi a campiture o a piccoli tocchi, usando il segno- colore liberamente per rendere i riflessi della luce sull'acqua o tra il fogliame degli alberi. L'effetto risultante nel quadro è un sospeso istante di vita, un unico fotogramma che non si ripeterà più, come nell'opera (il cui stesso soggetto dipinge anche Renoir) “La Grenouillière” in cui Monet dà prova dei possibili sviluppi dell'Impressionismo. Egli risolve la cortina degli alberi sullo sfondo in chiave originale, anticipando il sintetismo di Cezanne, mentre la superficie dell'acqua scomposta è resa con colori ocra, glauchi e bruni, senza alcun tocco di pennello che possa alludere ad un'ombra col nero. Il gioco dei riflessi è particolarmente ricco in “Regata ad Argenteuil” dove l'acqua diviene gialla, rossa, cerulea, a rispecchiare le vele, le case, il cielo. Attraverso queste tappe si giunge sino ad una delle ultime opere di Monet, del 1910, “Ninfee”, in cui la luce non è altro che un lampo  bianco uniforme e accecante, le ombre violacee sembrano liquefarsi e le forme si riducono a tenui filamenti verdi, puntini di rosso e macchie di bianco; è il limite estremo dell'Impressionismo, anticipatore di una pittura informale ancora lontana.

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Pierre Auguste Renoir

Pierre Auguste Renoir (1841-1919 - “La Grenouillière”, 1869; “Il Moulin de la Galette”, 1876; “Gli ombrelli”,1883; “Grandi bagnanti”, 1884-1887) è l'altro grande impressionista  identificabile al pari di Monet con la nuova pittura, tranne che nell'ultimo periodo, a partire dagli anni Ottanta, in cui, pur non rinnegando la sua opera precedente, è influenzato dalla “scoperta” di Raffaello e degli affreschi pompeiani in Italia e inizia il periodo dei “nudi” a olio e pastello, tornando ad una pittura classicamente costruita.

Il Renoir del “Ballo al Moulin de La Galette” del 1876 è invece decisamente impressionista: egli assiste al ballo in una splendida giornata e coglie in quest'attimo di spensierata gioia di vivere il concerto festante di musiche e conversazioni, il fruscio di gonne, vesti e pantaloni, le ombre violette sulla porta, mentre in lontananza tutto si confonde e lo sfondo diviene unicamente un insieme striato di giallo, bianco e nero.

Nella ricerca del modo nuovo e diverso di porsi davanti alla natura i giovani impressionisti vengono influenzati da un pittore di qualche anno più vecchio di loro, Edouard Manet (1832-1883 / “Colazione sull'erba”, 1863; “Olimpia”, 1863; “Ritratto di Emile Zola”, 1868; “Il bar delle Folies Bergère”, 1882).

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Edouard Manet

Egli studia l'arte del passato, al Louvre ammira Tiziano e gli spagnoli Velasquez e Goya, ma nelle sue famose opere del 1863, “Colazione sull'erba” e “Olimpya” presenta una pittura del tutto nuova, pur nel rispetto della composizione classica: progressivo annullamento di chiaro-scuro e mezze tinte, forti contrasti di toni chiari accostati a toni scuri, larghe e piatte campiture di colore a definire le figure, mentre sullo sfondo di “Colazione sull'erba” la vegetazione è descritta con pennellate veloci e libere, che rendono la trasparenza dell'atmosfera. La luce, specialmente in quest'opera, non è però ancora quella vera del “plein air”, non è reale, non è realmente “vista” dall'artista e quindi è profondamente diversa da “La colazione sull'erba” di Monet dell'anno dopo.
Manet viene comunque assunto dai giovani pittori come bandiera dell'antiaccademismo, quasi contro le intenzioni dell'artista stesso che intende soprattutto rinnovare la tradizione partendo da essa. Egli giunge al culmine della pittura impressionista vera e propria con il “Bar delle Folies Bergère” del 1882, che precede di un solo anno la morte dell'artista. L'opera è piuttosto “plein lumière” più che “plein soleil”, attraverso i lampi fluorescenti delle lampade a bulbo accese che spargono luce artificiale in tutto l'ambiente e le ombre così delicatamente colorate da essere poco percepibili come tali. Anche in quest'opera Manet non dimentica i suoi autori preferiti del passato: nella figura della giovane barista troviamo nuovamente la contrapposizione tra la candida pelle e la giacca nera, mentre dal suo viso emerge la semplificata psicologia dei volti di Velasquez. Ma tutto questo è solo un istante irripetibile e qui sta l'Impressionismo, un momento fugace come il pensiero dell'assorta barista dallo sguardo perso nel nulla.

 


Edgar Degas

Il più indipendente del gruppo degli impressionisti è Edgar Degas (1834-1917 / “Il mercato del cotone a New Orleans”, 1873; “All'ippodromo”, 1879; “La Tinozza”, 1886). Rispetto agli altri rimane perlopiù insensibile al fascino della pittura di paesaggio “en plein air”, preferendo elaborare in studio le sue opere. Diretto erede di Ingres e ritrattista straordinario, dal 1873 si “converte” alla magia della luce impressionista, divenendo anche attivo organizzatore delle mostre del gruppo. A quella naturale egli tuttavia preferisce la luce artificiale e d'interno, da studiare come effetto di luce che gli permette di ottenere quella visione pura che a lui interessa sopra ogni altra cosa. Nel ritrarre la realtà, soprattutto i temi della quotidianità della vita cittadina, egli si rivela straordinariamente capace di indagine psicologica ed estrema oggettività.

Tipico della sua opera è il taglio fotografico, da cui probabilmente la pittura del periodo non può prescindere avendo con la nascente fotografia continui scambi inventivi. Questo  è per Degas il primo passo verso la percezione della casualità e anche dell'attimo fuggente propri dell'Impressionismo. A partire dalle sue opere degli anni Ottanta infatti, nella sua pittura compare l'esaltante luce impressionista. Per poter continuare a dipingere, soffrendo di un grave disturbo agli occhi, abbandona la tecnica ad olio e passa al più duttile pastello. Con questa tecnica Degas esegue la serie di figure femminili, ballerine e donne in continue variazioni di atteggiamenti, colte nell'immediatezza di un gesto, modellate nella luce, in striature di blu, verdi, violetti e arancio e che negli ultimi anni diverranno sempre più unicamente essenze di colore, non ammettendo più alcuna somiglianza naturalistica.

 


Henri de Toulouse
Lautrec

Anche Henri de Toulouse Lautrec (1864-1901  “Al Moulin Rouge”, 1982; “Al Salon di rue des Moulins”, 1894; “La claunesse Cha-U-Kao”, 1895) partecipa pienamente di quel clima artistico parigino che cerca in varie direzioni il superamento dell'Impressionismo.

La sua opera, influenzata da Degas, dalla linearità di Ingres e fondamentalmente dalla bidimensionalità definita dalla linea continua delle stampe giapponesi, pur mantenendo la pennellata rapida, a brevi tratti, accosta ampie zone di colore acceso, delimitate da contorni netti e nervosi, rivelando così il primo accenno al nuovo gusto dell’Art Nouveau nel narrare con aderenza alla realtà e alla psicologia dei personaggi il mondo dietro le quinte dei Caffè concerto, delle sale da ballo, dei teatri.

 

 

è dalla straordinaria esperienza della personalità artistica pilastro portante del nuovo modo di guardare la realtà assunto dall'uomo del XX secolo che si apre la grande vicenda delle avanguardie europee: costui è Paul Cézanne (1839-1906  “La casa dell'impiccato”, 1873; “Il vaso blu”, 1885-1887; “Grandi Bagnanti”, 1898-1905; “Uomo in piedi con le mani ai fianchi”, 1895-1898.


 

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Paul Cézanne

Inizialmente compagno di strada degli impressionisti, con i quali condivide lo studio diretto della natura, il rifiuto delle regole accademiche e l'entusiasmo per il loro nuovo modo di intendere la percezione visiva, in seguito prende da loro le distanze nel tentativo di rendere più durevole e consolidata la mutevole visione degli impressionisti, basata unicamente sulla considerazione dell'aspetto esteriore della realtà.

 

 

Egli parte dal presupposto che ogni processo conoscitivo esige l'intervento del pensiero e la meditazione della mente e, cercando di coniugare sensazioni e ordine mentale, tende a ricostruire la forma e non a dissolverla come fanno gli impressionisti. Non fermandosi all'apparenza del dato visivo, ma studiando la struttura delle cose, egli tuttavia predica l'adesione rigorosa al dato percettivo per meglio allenare l'occhio a “comprendere” la natura e vederne l'anima.

Per Cezanne la pittura ha il compito supremo e sovratemporale di rappresentare le verità fondamentali del rapporto della visione umana col mondo, non legata al temporaneo ed effimero, ma in cerca della verità percettiva eterna, pur non prescindendo dalle nuove importanti acquisizioni impressioniste. Ciò significa per l'artista costruire l'immagine sulle figure geometriche fondamentali, cioè dipingere “col cono, col cilindro e con la sfera”, che, creando la struttura di ogni forma, definiscono la spazialità del quadro. L'uomo non guarda più solo attraverso la visione statica, perciò astratta, della prospettiva quattrocentesca, ma con due occhi in movimento e con la consapevolezza di mediare la visione attraverso la conoscenza mentale che egli ha della realtà.

 

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Georges Seurat

Il problema della luce viene affrontato in termini sistematici dai giovani Georges Seurat (1859-1891 - “Bagno ad Asnières”, 1884; “Pomeriggio alla Grande Jatte”, 1884-86) e Paul Signac (1863-1935 - “La Senna ad Asnières”, 1885; ”Costa azzurra”, 1889; Barche a Saint Tropez, 1897).
Seurat fonda la sua pittura sulla teoria scientifica del colore e della percezione visiva, sugli studi di fisici e ottici positivisti, di Chevreul, Blanc, Rood, Maxwell, cercando di costringere in un metodo esecutivo la divisione del colore intuitiva e istintiva degli Impressionisti.

 

 

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Paul Signac

La tecnica pittorica del Puntinismo è intesa ad ottenere la massima luminosità attraverso l'accostamento di colori complementari, le pennellate vengono ordinate sulla tela in piccoli tocchi regolari di colore puro, mentre è lasciato all'occhio dell'osservatore il compito di operare la sintesi finale. Il capolavoro “Pomeriggio alla Grande Jatte” è l'esempio di come questa precisa disciplina non privi la pittura di alte valenze poetiche ed emotive.

 

 

Lo spazio è racchiuso da un lato dall'azzurro del fiume, dall'altro dal digradare delle figure sulla destra; in una visione prospettica neoquattrocentesca la folla è bloccata nel suo agire da una cascata di luce, il tempo sembra essersi fermato. La coppia in primo piano sulla destra si erge di profilo riprendendo la plasticità delle figure di Piero della Francesca.

Analoga a quella di Seurat è l'esperienza di Signac, che ritiene tuttavia il pointillisme una tecnica scientifica, ma anche una mistica della visione. Nell'ultimo periodo della sua attività le tessere costitutive del reticolo divisionista di Signac si allargano e attraverso esse l'artista si abbandona alla pura sensazione del colore usandolo ormai in senso quasi espressionista e costituendo un importante precedente per il Fauvismo.

 

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