Poesia

 

POESIA

Poetica nata in Italia nei primi anni Sessanta che utilizza la scrittura o comunque la comunicazione verbale in senso iconico in modo da allargarne il significato puramente letterale.

Attraverso la combinazione della scrittura con vari altri segni prevalentemente tratti dai mass-media, la poesia visiva intende trasformarla in un linguaggio immerso nell'universo della manipolazione poetico - estetica.

L'intento in definitiva è quello di "scuotere il linguaggio e la lettura d'uso abituale", come scrive Lea Vergine.

Il movimento ha una connotazione chiaramente ideologica di opposizione al sistema, esprimendo una posizione politica di lotta rispetto alla coercizione esercitata dai messaggi pubblicitari e dei mezzi di comunicazione di massa, di cui si vogliono ribaltare i codici.

La nascita del movimento di fa risalire al 1963 con il "Gruppo 70" di cui fanno parte tra gli altri Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti. Più tardi alla Poesia Visiva si avvicineranno Emilio Isgrò e Giuseppe Chiari, attivi anche in altri ambiti, Concettuale il primo, Fluxus il secondo.

Una delle connotazioni più evidenti e caratterizzanti della società industriale contemporanea è l'invasione del tempo e dello spazio dell'uomo da parte della comunicazione e più precisamente del sistema di comunicazione di massa con nuovi e specifici codici di trasmissione di informazioni, ordini, suggerimenti, inviti, allusioni, i cui veicoli sono principalmente la carta stampata, in primo luogo i quotidiani, poi i rotocalchi, riviste e libri, la televisione, la cartellonistica, la pubblicità.

Vi sono artisti che avvertono l'importanza di questa realtà e le possibilità operative all'interno di essa, non però nel senso della rappresentazione del rapporto prodotto-comunicazione-consumatore, ma dell'appropriazione di un linguaggio nello stesso tempo verbale e iconico, utilizzando tutto il materiale a disposizione della comunicazione, a fini non asserviti alla produzione e al consumo, ma al progresso della coscienza delle masse.

Segni, significanti e significati, psicologia della percezione, figure retoriche, metafore, simboli, associazioni, parole e supporti, oggetti, fotografie, il proprio corpo, tutto può essere coinvolto nella comunicazione perché tutto comunica e quindi non solo la parola è nello stesso tempo verbale e iconica, ma anche l'immagine e l'oggetto sono nello stesso tempo iconici e verbali.

Ciò che conta è la riappropriazione attraverso l'arte del rapporto di verità e identificazione tra icona e verbo, tra immagine e comunicazione, la scoperta ed eliminazione dell'alienazione dell'immagine espropriata del proprio significato dalla pubblicità e dall'informazione merceologica; la scoperta ed eliminazione dell'alienazione della scrittura intesa come pura letteratura, espropriata della sua natura di realtà iconica e spogliata dell'immenso campo di azione della realtà-scrittura-verbo.

Scrive Marco Senaldi (Flash Art 177/93): "Per ammissione stessa dei suoi protagonisti, la Poesia Visiva è stata un tentativo di sfuggire alla chiusura linguistica dei significanti letterari e alla tipologia comunicativa del piano verbale, portando la parola in collisione con l'immagine e segnatamente con quel mondo di immagini prodotto e distribuito dai mass-media; operazione questa connotata ideologicamente dal segno dell'opposizione ai cosiddetti codici dominanti. In questo tipo di operazione le ascendenze sono principalmente le avanguardie storiche, collocate sulla linea ascensionale del linguaggio poetico post-romantico. Dunque dai primi esperimenti di Mallarmé, ai calligrammi di Apollinaire, passando però per l'incrocio fondamentale dei collage verbo visuali dadaisti e delle tavole paro - libere futuriste, riprese dai movimenti concretisti degli anni Cinquanta. (...) A questo proposito basta rifarsi alle prime esperienze di poeti visivi come Miccini e Pignotti, per notare il largo impiego di materiale già affrontato dalle avanguardie (si pensi ai collage di
Carrà), in primo luogo la stampa quotidiana e i rotocalchi, e un utilizzo dei materiali dell'industria culturale nei "suoi momenti di massima degradazione e labilità" (d'Ambrosio), quali il fotoromanzo, i periodici femminili, il fumetto, i settimanali di enigmistica, o i residui culturali transitanti negli sfilacciamenti mediali (come i dipinti michelangioleschi effigiati nei francobolli), in uno stile affine al collage dadaista e al paroliberismo. Del resto, come per le altre neoavanguardie, sia letterarie che artistiche, la grande novità era data dall'affermazione di massa dei media comunicativi, dalla loro malleabilità ideologica, e soprattutto dalla nascita di media inediti come la televisione, in cui la forma-mosaico del messaggio implicava già una rivoluzione semiologica totale".

Tra gli artisti che hanno portato più avanti la contaminazione e l'attraversamento dei codici, delle aree culturali, dei confini linguistici, propugnati dalla Poesia Visiva, Emilio Isgrò (1937) porta coerentemente avanti un'opera che travalica la pura poetica del movimento per spaziare in ambiti multimediali elaborando un discorso in cui immagini, didascalie, cancellature, parole o interi testi si pongono come segni di una realtà lucidamente elaborata, criticata e svelata dalla coscienza. Un discorso quello di Isgrò che viene circoscritto appositamente in problematiche precise e ben definite, al fine di proporre una rappresentazione chiara e non equivocabile dei motivi che lo interessano, a cominciare dal conflitto tra la civiltà della comunicazione verbale e quella delle immagini: le cancellature delle parole di interi libri si basano ad esempio sulla volontà di azzerare politicamente un sistema di comunicazione verbale che sostiene un sistema economico e sociale da abbattere, mentre certi azzeramenti dell'immagine sono da collocare nella medesima direzione, ma nei confronti dell'universo dei mass-media così perfettamente rispecchiati nella poetica pop.

Altro artista multimediale vicino alla Poesia visiva è Franco Vaccari (1936), la cui opera è incentrata sull'evidenziazione delle aberrazioni della cultura e sulla presenza di una cultura sotterranea, bassa, che fa da contraltare all'aulico che contraddistingue la cultura ufficiale, spesso anche d'avanguardia. Questa commistione non ha solo il senso di "recuperare all'estetico il valore dei graffiti metropolitani" (Senaldi), come quando Vaccari fotografa le scritte sui muri della città, ma di introdurre nell'arte un'azione costitutiva e non solo reattiva del pubblico, come quando nella sua sala alla Biennale di Venezia invita le fotografie dei visitatori vengono via via appese al muro così da documentare in tempo reale la loro partecipazione all'esposizione e all'opera che andava costituendosi. Tangenziale alla Narrative Art e al Concettuale, l'opera di Vaccari assume immagini dell'universo contemporaneo senza distinzione tra realtà e cultura (dalle foto di camion in autostrada a fotogrammi di film di Pasolini) per portare allo scoperto attraverso la metafora un modo di pensare contemporaneo per stereotipi con preoccupanti capacità di omologazione (es. il codice a barre della merce apposto nell'opera d'arte come attribuzione di valore).

 

Home Su ArteConcettuale