Massimo Platani

Platani Massimo

fotografia


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Pittore, scultore, grafico, operatore estetico e critico d'Arte.

Svolge inizialmente attività di scrittore, (Riconoscimento ufficiale Presidente della Repubblica Enaudi). Successivamente si dedica sempre più all'arte, limitando l'attività di scrittore alla critica e alla saggistica.
Svolge inoltre attività nel campo editoriale e dell'organizzazione associativa nel settore delle Arti. 

La sua produzione sembra dividersi in due filoni paralleli che presentano da una parte l'espressione di un forte temperamento colmo di tutti gli umori e le passioni mediterranee, dall'altra una denuncia altrettanto scoperta, lacerante e drammatica dei mali dell'uomo contemporaneo, che appaiono legati del resto ad una sua immutabile condizione di disagio.

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Critica:
E’ pittore, scultore, operatore fotografico. E’ siciliano d'origine. È perennemente nomade. Ha una spiccata preferenza per le grandi città. Ha la sua area operativa soprattutto in Italia, Francia, Svizzera e Spagna. Non appartiene ad alcuna corrente artistica. Non presenzia alle sue mostre personali. Non si ha una sua fotografia pubblicata.

Per Massimo Platani, l'uomo e l'artista non sono mai due entità diverse. Quando accade di presentarli separatamente - dice - l'una falsa l'altra: l'artista diventa un fenomeno che si paragona non agli altri artisti contemporanei e passati; non si osserva cioè la sua opera confrontandola e calandola nella storia dell'arte, ma si crea immancabilmente un parallelo tra la sua vita e quella di tutti gli altri uomini normali, come se lui non fosse, come tutti gli altri, un uomo normale.

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Il modo di esprimersi di Massimo Platani è sempre mutevole, non si è mai fissato in un segno caratteristico e caratterizzante, in un modulo, soprattutto in pittura. Molti trovano perciò strane le notevoli differenze esistenti tra le sue opere di diversi periodi ed anche all'interno di opere singole, differenze insolite oggi nell'opera di un artista.

Ormai si sta riscontrando sempre più una caratteristica quasi modulare nelle mie opere - spiega Platani -proprio nell'assenza di moduli espressivi fissi. Il problema è, in effetti, per me molto importante. La fossilizzazione dell'espressione degli artisti in forme d'arte standard è un fenomeno pietoso dell'arte moderna e quel che è peggio è che è un fenomeno accolto favorevolmente, anzi sostenuto da un incondizionato favore da parte del pubblico, il quale vede in questa uniformità di produzione un motivo di sicurezza e di fiducia nell'artista. Se si potessero raggruppare le opere di tante personali di altrettanti artisti, ciascun gruppo in un proprio pannello, l'uno accanto all'altro, si avrebbe l'impressione dl essere in un supermercato: prodotti in serie l'uno identico all'altro, salvo che per le dimensioni, all'interno di ogni scaffalatura, e tante marche diverse di case produttrici. La libertà dell'arte moderna è in gran parte diventata libertà di scegliere all'interno di un proprio spazio preciso e ben delimitato. Io preferisco correre il rischio che comporta il rifiuto di incanalare la mia opera n uno stile ».
Indubbiamente Massimo Platani è uno dei pittori più positivi di questi anni difficili: un uomo che ci fa ancora credere nella vitalità e nell'impegno etico dell'esperienza artistica.
« Una verifica della vitalità di Platani si legge in una critica sull'ultima produzione dell'artista - del suo potere di aderire criticamente al movimento e agli sviluppi della cultura figurativa contemporanea, di accoglierne le istanze più feconde e di assorbirle, risignificandole, nel quadro del proprio impianto stilistico e della propria cultura, può provenire dall'esame delle ragioni che hanno determinato la genesi, avvenuta intorno al '70, di un nuovo orientamento e di una nuova direzione di ricerca.

Platani ha avvertito con molta chiarezza il problema e il senso della vicenda della pittura di oggi caratterizzata dal costituirsi di una situazione bipolare: l'arte, con i suoi problemi formali, e l'esperienza estetica, con le sue sollecitazioni provenienti da sfere di attività extrartistiche e i suoi tentativi di dissolvimento e di risoluzione dell'oggetto d'arte nel momento concettuale e della progettazione.
 

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Con la caduta del problema formale relativo ai tratti morfologici e topologici dell'opera artistica e alle sue qualità percettive, l'esperienza estetica tende a trasferirsi nel mondo del comportamento e delle situazioni mentali, a farsi esperienza e concetto, inteso anche nell'accezione di metodo e di conduzione dell'intelligenza.
Come ha scritto Tommaso Trini è probabile che l'arte e l'estetico dopo che per tanti anni l'estetico è entrato nell'arte non più di quanto ne stia u scendo attualmente non possano sottrarsi ad una funzione di vasi comunicanti che regoli quegli scambi che nessuno può seriamente pensare di eliminare. Ciò è vero per Platani, la cui novità saliente relativa all'ultimo periodo della sua attività è da ricercare nella peculiarità della sua proposta di riflessione sia sull'arte, come tra dizione e memoria, sia sull'arte come esperienza e processualità in fieri aperta e imprevedibile per la sua organica connessione con la vicenda storica reale.

Gli spazi bianchi, non dipinti, dei suoi ultimi quadri sono la segnalazione di un disinganno rispetto a tutte le categorie e a tutti gli stilemi della tradizione pittorica.

Una tradizione filtrata, nell'opera di Platani, dall'esperienza neo-dada e vista attraverso un'ottica pop, e perciò costretta a rivelare o confermare il fatto di essere iscritta nelle coordinate appena polari e anche unidimensionali del kitsch e del camp. La tradizione, solidificatasi in parametri categoriali, è però divenuta imprescindibile: impossibile non partire dalle condizioni che essa ha creato per la progettazione dell'esperienza estetica.

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La figuratività, nell'opera di Platani, é presentata esclusivamente per il carattere tautologico del rapporto esistente tra l'elemento iconico e quello semantico, per cui è costretta a manifestarsi come denotante se stessa.

L'operazione tende, come ha rilevato Dorfles, "ad una definizione dell'attività artistica" che si stacchi "dai formulari tradizionali divenuti ormai del tutto arrugginiti", per porsi, invece, come affermazione di un modo di formare inesistente, o, meglio, di una formatività la cui esistenza è privata dalla materia di cui ha bisogno ogni principio di individuazione.

Siamo così di fronte non solo ad un’idea da "opera aperta" che coinvolge il fruitore ad una partecipazione attiva e dialettica, ma anche e soprattutto di fronte ad una manifestazione estetica tale da spostarne la verifica fuori dal campo dell'artisticità e della illusoria figuratività e da rompere la struttura chiusa che la isola dalla realtà per porla nell'orizzonte del comportamento e della riflessione.

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Il processo di nientificazione di Platani è ora trasferito dal piano della realtà socio-culturale a quello del linguaggio investendo l'oggetto della stessa categoria artistica. Questo è posto in una situazione che il tempo modifica liberandolo dalla normatività del codice: esso diviene così processualità e sviluppo, rifiuta di definirsi in risultati acronici e di assumere i tratti di un surrettizio statuto ontologico. Per effetto dei bianchi, delle associazioni iconiche e delle interruzioni delle sequenze significanti, la forma non si chiude, ma si fa stimolo e germe di infinite dilatazioni». In sostanza, si dovrebbe definire la pittura di Massimo Platani molto pessimistica. « In effetti - afferma Platani lo è in gran parte, ma non sino in fondo.
Il massimo del pessimismo è il concetto dell'inutilità, il nichilismo. Io dipingo, lavoro il ferro, agisco nelle città, quindi non posso essere del tutto pessimista a meno di non essere incoerente oppure uno stupido. In realtà esistono delle forze interiori nell'uomo che Io spingono ad agire. Di questo dato dl natura bisogna prendere coraggiosamente atto e considerarlo senza false prospettive per quello che è: un bisogno significante, una realtà misteriosamente naturale che può essere chiarita solo attraverso l'opera stessa. Questo giustifica l'esistenza di gran parte del mio lavoro, dei prodotti della mia mente e delle mie mani».
Sandro Cairoli


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