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Piero della Francesca
Nacque presumibilmente nel 1416 a Borgo San Sepolcro. Si formò a Firenze insieme a Domenico Veneziano con il quale collaborò per gli affreschi perduti del coro di S. Egidio a Firenze. Le prime opere, collocabili anteriormente al 1450, ci mostrano il personale carattere dell'artista: struttura prospettica rigorosissima, perfezione dei volumi geometrici, rappresentazione di figure grandiose immerse in un'atmosfera dalla luminosità diffusa, sottile quasi astratta che mantiene i personaggi come sospesi nel tempo.
Nel 1442 Piero ritorna a Borgo Sansepolcro dove fu candidato alle elezioni per la carica di consigliere popolare. Qui, la confraternita della Misericordia, gli commissionò un polittico che doveva essere consegnato entro tre anni, in realtà il pittore ne impiega quindici. Il Polittico della Misericordia è composto da ventitre scomparti alcuni dei quali, come la predella, sono dipinti da aiutanti del pittore. Il senso del volume, la plasticità dei corpi ci mostrano l'influenza donatelliana, mentre la pala posta a coronamento del polittico è di chiara ascendenza masaccesca. Contemporaneamente ai primi pannelli di questo polittico Piero eseguì il Battesimo di Cristo, che oggi si trova a Londra alla National Gallery.
Nel 1452, alla morte di Bicci di Lorenzo, Piero fu chiamato dalla famiglia Bacci per proseguire la decorazione ad affresco del coro di S. Francesco ad Arezzo rappresentante la Leggenda della vera Croce. Le scene sono rappresentate su tre registri; le monumentali figure rappresentate, appaiono come statue costituite da forme geometriche pure sulle quali i panneggi formano giochi raffinati, mentre i volti non tradiscono emozioni particolari; si vedano i dipinti rappresentanti l'Adorazione del sacro legno e l'Incontro di Salomone con la regina di Saba. Nel brano che rappresenta la Battaglia di Eraclio e Cosroe il maestro è affiancato da allievi, la composizione si fa più schematica; nel Sogno di Costantino invece il bagliore che accende la scena rivela l'eccezionale sensibilità luministica del maestro.
Biografia La riforma fiorentina fu diffusa nella Toscana orientale, in Romagna e nelle Marche del Nord, da Piero della Francesca, discepolo di Domenico Veneziano (il Vasari attribuisce al Veneziano l’introduzione in Toscana della pittura ad olio) un naturalista dallo stile raffinato, dotato di raro senso della luce. E’ uno dei numerosi spiriti italiani in cui la genialità artistica si unisce alla ricerca scientifica.
Grandissimo prospettico e autore di un rinomato trattato di prospettiva, non abusa mai a vuoto di tale facoltà, il suo raro senso della luce e del chiaroscuro, la beltà robusta dei nudi e l’esattezza dell’anatomia l’audacia degli scorci, il ricco sentimento della natura preservano dall’aridità la sua arte grave, maschia ed eroica, alla quale le preoccupazioni teoriche conferiscono una corposità statuaria e un’immobilità quasi spettrale. Non è che a Pietro faccia difetto il senso del moto: ma egli coglie le sue grandiose figure e le sue scene durante un attimo di pietrificazione.
Lavorò per Sigismondo Malatesta a Rimini, più tardi per Nicola V in Vaticano. Verso il 1466 terminò i suoi celebri affreschi del “Coro di san Francesco” ad Arezzo, rappresentandovi episodi della “Leggenda della Croce”. .
Nel 1469 Piero fu chiamato a lavorare alla Corte di Urbino dal Federico da Montefeltro, il saggio condottiero e mecenate: e fra l’altro lo dipinse in un prezioso dittico, oggi agli Uffizi, le sembianze del Duca e della Duchessa con una efficacia psicologica e panoramica fa pensare alle più belle prove del ritratto fiammingo.
Attestano l’energia e la gravità del suo temperamento, la nobiltà della sua arte numerose opere sparse nelle collezioni d’Italia e di Europa: fra le più importanti si citano la “Resurrezione”, affresco nel Palazzo Municipale di San Sepolcro, il polittico della “Madonna della Misericordia” in quella Pinacoteca, La flagellazione di Cristo, nella Galleria di Urbino, e la grande pala, con la “Madonna dei santi” nella Galleria di Brera a Milano, attribuita da una parte della critica al suo allievo Fra Carnevale da Urbino.
L’influenza di Forlì, Luca Signorelli, il Bramante, Lorenzo da Viterbo, Francesco del Cossa diffondono rispettivamente in Romagna e nelle Marche, nell’Umbria e nel Lazio, in Lombardia e a Ferrara, quel nuovo senso maschile e imperioso della forma, quella valutazione esclusiva del valore plastico, all’infuori dai lenocini miniaturali e dalle grazie decorative. La sua potenza diffusiva benefica non è paragonabile che a quella di un grande pittore suo contemporaneo che gli assomiglia nella sodezza dello spirito: Andrea Mantegna.
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