Joseph Kosuth è una figura chiave molto importante nel concetto di ridefinizione dell'oggetto artistico avvenuta negli anni sessanta e settanta con la formulazione dell'arte concettuale, che indaga e mette in questione le forme e pratiche tradizionali dell'arte nonché le teorie connesse.
La sua formazione artistica è stata ampliata con studi di antropologia e filosofia,dedicandosi con particolare attenzione all’opera del filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein. La maggior parte della sua produzione artistica, strettamente correlata alla ricerca teorica, è costituita da combinazioni di oggetti e parole: nel famoso One and Three Chairs (1965,collezione privata), ad esempio, la fotografia di una sedia è posta accanto a una vera sedia, sistemata a sua volta davanti a una parete su cui è riportata la definizione di “sedia” tratta da un dizionario.
Lo spettatore si sente dunque provocato a riflettere sul rapporto tra rappresentazione iconica e verbale, e a giudicare quale di questi mezzi comunicativi esprima meglio l’essenza dell’oggetto, anch’esso presente. Tra gli anni Ottanta e Novanta Kosuth proseguì la sperimentazione artistica utilizzando nelle sue installazioni frasi pronunciate o scritte da famosi personaggi della cultura contemporanea: realizzate spesso con tubi al neon, le parole apparivano al pubblico tanto più evidenti quanto più ingombranti, e non trasparente veicolo di significato. Egli utilizza i significati tramandatici per generare un proprio nuovo significato.
Famosa fu la serie di opere intitolate Ex libris, composizioni al neon con brevi citazioni di scrittori noti, allestite negli spazi pubblici di alcune città.
Parte delle più importanti riflessioni teorico-critiche di Kosuth sono raccolte nei due saggi intitolati l’arte dopo la filosofia (1969): in essi l’artista sostiene che in futuro solo l’arte potrà proseguire il cammino lasciato interrotto dalla filosofia, in quanto la pluralità dei mezzi espressivi artistici garantisce un’efficacia comunicativa maggiore di quanto offra linguaggio verbale. Joseph Kosuth ha dichiarato quanto segue sul suo uso del neon: “Ho iniziato ad usare il neon a metà degli anni sessanta. Mi piaceva l'idea di utilizzare un materiale usato per la segnaletica, che in un certo senso lo altera per l'arte.
Al tempo stesso volevo preservare una sottile relazione con l'idea di pubblicità della cultura di massa. Qualcuno ha detto che l'arte concettuale era la via di mezzo tra pop art e minimal art; io trovo questa tesi alquanto divertente.
Quando lavoro con il neon uso caratteri che non si trovano nella pubblicità, così la gente ha soltanto una traccia dell'elemento pubblicitario, ma non lo percepisce come la pubblicità per una birra, per esempio.