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Nasce in un piccolo paesino del Veneto, Castelmassa in provincia di Rovigo, nel 1930. Tale azzeramento viene realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l'utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche) estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l'inclinazione della sorgente luminosa. Si trattò di un'esperienza del tutto originale e considerata di fondamentale importanza nella storia dell'arte astratta del novecento, non solo per quanto riguarda la scena italiana, ma soprattutto di quella internazionale, la cui eco influenzò ed ispirò Donald Judd che in un articolo del 1966 definì Castellani padre del minimalismo. Se Piero Manzoni scelse come materiali prediletti il caolino e il cotone per i suoi celeberrimi "Achromes", Castellani e Agostino Bonalumi avviarono un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall'estroflessione della tela mediante l'utilizzo di chiodi, centine e di sagome di legno e metallo inserite dietro la tela.
Risale al 1959 Superficie nera, il primo quadro ottenuto con introflessioni ed estroflessioni del tessuto mediante un sistema di spinte esercitate sulla tela da chiodi fissati ad un particolare telaio preparato dall'artista. Bruno Corà nel catalogo della mostra a Palazzo Fabroni (Charta, 1996) definisce quest'opera «(...) la prima costellazione della nuova arte, puntiforme, integra, spazialmente evoluta, determinata linguisticamente, reversibile nella considerazione degli elementi posti in relazione, autonoma visualmente, differente da tutto. Opera disciplinare ma estranea alla Pittura o alla Scultura propriamente dette, essa reca gli stessi elementi impiegati in quelle forme da secoli.
C'è la tela e il telaio, c'è un colore che la copre, ci sono i chiodi che da sempre serrano sui fianchi e vincolano la tela al telaio. Ma qui tutto è diversamente impiegato. I chiodi bucano la tela in ogni parte della sua superficie, ma il foro è esattamente lo spazio che la testa del chiodo copre e sutura. La tela non è più "superficie" uniforme ma volge al "rilievo" discontinuo, quotata a sbalzi difformi tra loro, essenzialmente priva di rappresentazione pittorica. Il colore, infatti, monotamente e monocromaticamente la copre tutta. (...)»
Dal 1963 al 1970 la poetica della superficie cede il passo all'oggetto e la sua attenzione si pone allo studio delle articolazioni formali della superficie: tele sagomate, angolari, dittici e trittici.
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