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Joseph Beuys (1921-1986) Joseph Beuys è l'artista tedesco emergente come personalità significativa dell'arte contemporanea europea negli anni 60, propugnando un legame profondo tra arte e politica, identificabile la prima con la creatività e la seconda con la vita.
Il suo lavoro è un continuo pretesto per trasmettere idee confluenti in un'unica teoria politica. Diviene in breve uno dei maggiori esponenti della performance, a cui perviene prima attraverso la creazione di disegni e sculture, poi con environments. Scrive Achille Bonito Oliva: Beuys è l'eroe in natura, colui che vuole carismaticamente ridare unità all'uomo, toglierlo dalla parzialità e dalla paralisi per ridargli energia per la rivoluzione. La sua antropologia va verso il basso con animali, piante, natura e verso l'alto con angeli e spiriti.
I termini ricorrenti della sua strategia socratica sono: arte - uomo - creatività - scienza - rivoluzione borghese - positivismo - storia - libertà - individuo - isolamento - comunicazione - sociologia - amore - occidente - evoluzione - pensiero - cristo - chiesa - natura - animali - volontà - movimento - energia - sentimento - emozione - subconscio collettivo - sviluppo della coscienza. L'ideologia dell'Io è qui praticata come inno alla creatività, risveglio d'energia, pratica romantica, come per Novalis l'Inno alla notte". Il suo concetto di uomo è quello di un essere in continuo divenire creativo. La forza della creatività è nell'essere umano l'energia primaria e naturale che dà vita ad ogni forma artistica, realizzata sempre con materiali naturali quali il ferro, il rame, la cera d'api, il grasso, lo zolfo, sino ad arrivare al sangue, al proprio corpo e alla propria voce.
Dalla sua teoria Beuys sviluppa conferenze, dibattiti, documenti, tra cui la "Conferenza sulla democrazia diretta e sulla libera creatività", i manifesti della Free International University, attraverso i quali si prefigge lo scopo di costituire un sistema sociale diverso da quello occidentale basato sul capitalismo, ed invece fondato sulle idee, dalle quali ogni sorta di logica del profitto è assente. Questi manifesti sono redatti in occasione dell'esposizione a Kassel di "Documenta" del 1977, in cui Beuys discute per 100 giorni sull'insegnamento dell'arte e crea un'opera costituita da fogli di diario in cui sono annotati tutti i discorsi tenuti in questo periodo, dal titolo "Words wich can hear". Il dialogo non è fuori dal suo lavoro, come le azioni non sono fuori dal dialogo che egli intende stabilire attraverso l'attività creativa. (...) La nozione di arte sollevata da Beuys tende a porsi come creatività permanente e saldatura tra i vari momenti dell'esistenza. Mentre Novalis, Goethe, Schiller, Schopenhauer hanno considerato questa tensione come tentativo di saldare l'uomo con le forze trascendentali, secondo un metodo non di analisi ma di sintesi più adatto a considerare il soprannaturale, la lotta di Beuys consiste invece nella volontà dell'eroe di condurre un'aggressione alla materia in prima persona, per portarla alla luce della coscienza. Perché l'arte non è immagine del movimento ma processo liberatorio. Così egli impegna tutte le sue energie, compreso il proprio corpo per affrontare socraticamente lo spazio della vita e stabilire con la socialità un rapporto di comunicazione. Per Dokumenta Kassel 7 progetta "Stadtverwaldung statt Stadtverwaltung" (Alberare anziché dirigere la Città) che prevede la piantagione di 7.000 querce e all'apertura dell'esposizione inizia la realizzazione dell'impresa piantando le prime di esse a Kassel. Il progetto prevede un impegno pluriennale con lo scopo di avvertire l'opinione pubblica e la coscienza di tutti sullo stato dell'equilibrio ecologico. L'azione ha una vastissima eco in tutto il mondo. Successivamente appoggia con forza i verdi nelle loro battaglie ecologiste ed elettorali. Per Beuys il gesto dell'arte "è gesto pregnante ed esperienziale, attivamente, di una energia cosmogonica che rende necessaria l'azione. L'eroe non ha vinto in anticipo la lotta, ma anzi si misura tuttora nell'arena, la presenza del pubblico tende sottilmente a costituirlo come segno di un linguaggio e quindi come simbolo, ma nello stesso tempo diventa verifica fattuale di questo "fascio di volontà" che determina intorno a sé lo spazio della rappresentazione e della trasformazione. L'eroe alla fine trova lo specchio (il proprio riconoscimento) nella comunità, che lo assiste e contemporaneamente lo aiuta a dar sacco al principio fondamentale della morte, in quanto egli acquista l'immortalità attraverso la storia che diventa conduttore e stabilizzatore (la memoria collettiva, la cultura) del suo comportamento." (Bonito Oliva)
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