E’ stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane di oggi alle gallerie d’arte.
|
Jean-Michel Basquiat
E’ stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane di oggi alle gallerie d’arte. Jean-Michel Basquiat, figlio dell’haitiano Gerard Basquiat e Matilde Andradas, inizia a manifestare interesse per il disegno fin da quattro anni, ispirato dai cartoni animati televisivi. Un amore per l‘arte trasmessogli dalla madre, la quale lo accompagna spesso al Brooklyn Museum, al Metropolitan Museum ed al Museum of Modern Art of New York. Quando Jean-Michel ha sette anni i genitori Matilde e Gerard divorziano. Nel 1976 Jean-Michel inizia a frequentare la City-as-School a Manhattan, per ragazzi dotati a cui non si addice il tradizionale metodo didattico. È lì che nel 1977, a 17 anni, stringe amicizia con Al Diaz, un giovane graffitista che operava sui muri della Jacob Riis, a Manhattan. Insieme all’amico, Basquiat acquista piena consapevolezza della propria vocazione artistica, i due inoltre iniziano a fare uso di stupefacenti come il trip (dose di LSD) ed uniscono le loro capacità iniziando a produrre graffiti per le strade di New York firmandosi con l’acronimo di SAMO “SAMe Old Shit” (letteralmente la solita vecchia merda), propagandando con bomboletta spray e pennarello indelebile idee ermetiche, rivoluzionarie ed a volte insensate, come “SAMO© SAVES IDIOTS” (SAMO© salva gli idioti). Nonostante questo sodalizio artistico giunga ad un grande successo underground, la coppia Basquiat-Diaz, ormai convinta di avere aspirazioni artistiche differenti, si scioglie nel 1978 affiggendo ai muri di Manhattan l’annuncio “SAMO IS DEAD”. Da quel momento in poi Basquiat non utilizzerà mai più il nome SAMO. Passeranno però alcuni anni prima che Jean-Michel riesca ad entrare nella "Factory" del re della Pop-Art. Diventa cliente fisso dei due Club più esclusivi nella scena socio-culturale di New York: il Club 57 ed il Mudd Club, frequentati anche dallo stesso Warhol, da Madonna e da Keith Haring, con il quale stringerà un’amicizia che durerà fino alla morte. Nel 1980 Jean-Michel partecipa al Time Square Show, retrospettiva organizzata da un gruppo di artisti, alla quale farà il suo formale debutto newyorkese anche Haring. Questo evento riconosce la nascita di due nuove avanguardie della Grande Mela: la downtown (neopop) e la uptown (rap e graffiti). Il 3 agosto 1980 suona per l’ultima volta al Mudd Club insieme al suo gruppo Gray assieme a Vincent Gallo. Sempre lo stesso anno, Glenn O’Brian lo sceglie per interpretare se stesso nel film-documentario "New York Beat", che uscirà nelle sale solo nel 2001 con il nome di Downtown 81. O’Brian lo aiuterà inoltre a vendere alcune tele ai membri della produzione. La prima mostra personale di Jean-Michel avviene nel marzo del 1982 a Modena e, contemporaneamente a New York nella galleria di Annina Nosei, riscuotendo apprezzamenti da parte del pubblico e dei critici. La Svizzera ospita una sua retrospettiva presso la Galerie Bischofberger. Allo stesso modo espone in dicembre alla Delta di Rotterdam. Rientrato in America, produce un disco Hip-hop e nello stesso periodo conosce Madonna con cui ha una breve storia ma a cui rimane legato tanto che la popstar dieci anni dopo finanzierà la retrospettiva a lui dedicata al Whitney Museum di New York e nel 1996 pubblicò un breve ma sentito ricordo di lui sul Guardian. Nel 1983 stringe una forte amicizia con Andy Warhol, il quale lo aiuta a sfondare nel mondo dell’arte come fenomeno mondiale emergente. I dipinti di Jean-Michel erano caratterizzati da immagini rozze, infantili, facendo riferimento alla Art Brut di Jean Dubuffet. L’elemento che però contraddistingue l’arte di Basquiat è essenzialmente l’utilizzo delle parole, inserite nei suoi dipinti come parte integrante, ma anche come sfondo, cancellate, a volte anche per attrarre l’attenzione dello spettatore. Nel 1984, insieme ad Andy Warhol e a Francesco Clemente, inizia una serie di collaborazioni, di dipinti a “sei mani” commissionati da Bruno Bischofberger. A settembre alcune delle opere eseguite in collaborazione con gli altri due artisti vengono esposte a Zurigo. Proprio nel settembre il New York Times definisce Basquiat "la mascotte di Warhol", questo unito evidentemente all'eccesso nell’uso delle droghe e alla sua progressiva tossicodipendenza che Warhol non riesce ad arrestare, porta Basquiat a soffrire anche di frequenti disturbi psichici. Con il tempo, questi lo porteranno a pensare di essere sfruttato dai commercianti d’arte e dallo stesso Warhol, che abbandonerà di lì a poco. Nel 1985 Jean-Michel espone nuovamente alla Galerie Bischofberger di Zurigo, alla Mary Boone Gallery di New York ed alla Akira Ikeda di Tokio, ma oramai è schiavo della droga nonostante molti dei suoi amici, vittime dei suoi attacchi paranoici, tentino di aiutarlo a disintossicarsi. Basquiat appare sulla copertina del The New York Times Magazine con il titolo "New Art, New Money: The Marketing of an American Artist". Poco dopo si interrompono i rapporti con Mary Boone, fino ad allora suo agente commerciale newyorkese. Il pubblico ed i critici iniziano a non accettare più i suoi lavori con l’entusiasmo di un tempo. Nel 1987, con la morte di Warhol, a causa di una mal riuscita operazione alla cistifellea, entra in una violenta fase di tossicodipendenza: il suo forte attaccamento al re della Pop-Art fino alla fine, lo conduce all'abuso di droga per superare il trauma. Basquiat espone ancora a New York nella galleria del cugino di Tony Shafrazi, Vrej Baghoomian, il suo ultimo mercante, poi inizia un tentativo di disintossicazione che non porterà mai a termine: muore il 12 agosto del 1988, per una grave overdose di eroina. Aveva solo ventisette anni, come Jimi Hendrix e Janis Joplin. Viene soprannominato il James Dean dell’arte moderna, essendo riuscito a scalare quel mondo con grande velocità, ma a scomparire in un tempo ancora minore. La stessa sorte toccherà anche all’amico Haring, morto di AIDS due anni dopo, che il 17 agosto lo accompagnerà nell’ultimo viaggio, insieme a Francesco Clemente ed altri stretti amici, al cimitero di Greenwood a Brooklyn.
|
Copyright © Centro Arte 1999-2000