Close Chuck

 

Chuck Close
(1940)
 
Chuck Close  si dedica ai ritratti eseguiti con la classica griglia e ricavati da fotografie di cui mantiene i difetti di ripresa come lo sfuocato e la distorsione prospettica, con risultati di impietosa deformazione delle sembianze, attuando una sorta di critica della perfezione
tecnica attribuita alla macchina.
 

Autoritratto

Chuck Close
Autoritratto manipolato 1982

Ritratto

Le "teste" ritratte da Chuck Close all'American Academy di Roma di Patrizia Mania.

Nell'antica Roma esisteva un diritto, il ius imaginum, appannaggio delle sole famiglie patrizie, in base al quale le famiglie gentilizie potevano conservare nelle loro case i ritratti dei loro antenati. Un modo per serbarne la memoria nel privilegio.

Oggi, il diritto all'immagine non è più neanche lontanamente rivendicabile essendo accordato a tutti e per fortuna indistintamente, ma il genere del ritratto continua ad affascinare, seducendo in modi diversi ma non per questo meno vitali.
 

La galleria di ritratti di Chuck Close presentata in questi giorni presso i locali dell'American Academy di Roma ci fornisce l'occasione per scoprirne l'attualità.

 

 

 

 

Close non è certo un ritrattista su commissione ed i suoi ritratti corrispondono ai volti delle persone a lui care: familiari, amici, altri artisti, qualcuno con cui condivide o ha condiviso una conoscenza. Ma poi quest'intimità è come violata dal fatto che l'interesse dell'artista si appunta sui caratteri "tipizzanti" di questi volti. Ed esplicita questo intento nel fatto che per lui queste figure, pur rivelando sempre l'identità di qualcuno, sono comunque tutte "heads".

Teste che pur essendo riferite a specifiche identità appartengono al genere umano nel suo insieme e lo definiscono. Ciascun viso - afferma Close - " è una carta stradale dell'identità del soggetto" e nei solchi , nelle deviazioni, nelle peculiarità vi si leggono dei segni caratteriali che possono dirsi universali.



 


Ritratto

Chuck Close
Alex Reduction Print, 1993

Georgia 1994

Chuck Close John, 1997

Close non opta a priori per una tecnica in particolare: da febbrile sperimentatore, alla ricerca di inaspettati effetti, impiega decine e decine di tecniche diverse, dalla vasta gamma di tecniche riproduttive incisorie - litografie, serigrafie, cera molle, acquatinte, mezzatinte, - all'arazzo, al mosaico, al ricamo a mano, al pastello e via discorrendo. Sembra infaticabile, sospinto da un'energia creativa che gli consente di verificare nel passaggio da una tecnica ad un'altra, da un formato ad un altro, la tenuta e le trasformazioni di uno stesso soggetto.

 

 

 


L'artista, per alcuni da ritenersi quasi il precursore della pittura digitale, in questi passaggi filtra rigorosamente il suo studio sulla figura approdando a risultati che proprio la metodicità quasi maniacale del suo fare rende simili agli effetti del digitale, transfert assolutamente inintenzionale, il cui avvicinamento testimonia semmai quanto le sue immagini siano radicate in strutture di pensiero e di azione fortemente disciplinate.
Nel suo modus operandi Close procede sempre partendo da una fotografia che poi trasferisce sulla superficie prescelta con delle griglie. Il fare è irrinunciabile, è la poetica, è la ragione del suo dipingere. La campionatura di tecniche serve quasi a far echeggiare la manualità del procedere e l'aver avocato a sé questo prerogativa, il suo ius imaginum, fa sì che questi volti ci restituiscano la straordinaria vitalità di una ritrattistica dell'umanità.

 

 

 

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