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Kirchner Ernst Ludwig Incisore, pittore, scultore tedesco.
In gioventù mostrò particolare interesse per l'arte primitiva e africana, la pittura tedesca del Cinquecento, le stampe giapponesi, la scultura nera e polinesiana, e per autori moderni come Paul Gauguin e Vincent van Gogh, di cui lo colpirono l’immediatezza espressiva e l’uso simbolico e psicologico dei colori.
Dal 1901 al 1905 studiò architettura a Dresda, dove divenne amico di altri tre studenti di architettura, Erich Heckel, Karl Schmidt-Rottluff e Fritz Bleyl, con i quali nel 1905 fondò il gruppo Die Brücke (Il Ponte, tedesco), uno dei primi nuclei dell’espressionismo tedesco.
Kirchner visse a Dresda fino al 1911, poi si trasferì a Berlino, dove entrò in contatto con Blaue Reiter. Successivamente si spostò a Monaco.
Sarà questo il periodo più caratteristico della sua produzione con scene di strada cabaret, ritratti dalla pennellata nervosa e sommaria e dalla caratterizzazione decisa e marcata; Il suo stile diviene sempre più drammatico, con deformazioni violente e ritmi convulsi. In quest’evoluzione è rintracciabile il contatto con nuovi movimenti artistici, tra cui il cubismo e l'Art Nouveau.
In particolare, nelle immagini urbane le curve e le linee assumono forme irregolari, per sottolineare il contrasto tra la campagna e la grande città, la cui frenetica vitalità lo avvicinò ad interessi psicologici, a temi sessuali e alla polemica sociale.
Nel 1913 il gruppo Die Brücke si sciolse a causa delle forti polemiche e rivalità sorte al suo interno. Al termine della guerra si trasferì a Davos, in Svizzera, dove continuò a soffrire di depressione malgrado il crescente successo delle sue esposizioni personali.
In questi anni, a contatto con il solenne paesaggio alpino, il suo radicale espressionismo si ammorbidisce in uno stile che diventa sempre più astratto, non privo di allusioni simboliche.
Dopo la presa del potere dei nazisti in Germania, centinaia di sue opere furono sequestrate e rimosse dai musei; molte di queste furono dapprima mostrate nell’esposizione diffamatoria d’Entartete Kunst (Arte degenerata, tedesco) del 1937 e poi distrutte.
Ormai tutte le pareti grondano di Heckel e Kirchner», lamentava nel 1920 un critico d'arte di fronte all'inflazione di arte espressionista, assurta nella Germania del primo dopoguerra a simbolo culturale della Repubblica di Weimar. Erich Heckel (1883-1970) ed Ernst Ludwig Kirchner, considerati esponenti principali di questo stile, avevano fondato nel 1905 a Dresda insieme ad altri spiriti affini, il gruppo artistico «Die Brúcke» (Il ponte ), il cui programma, promulgato l'anno successivo, si rivolgeva a una «nuova generazione di creatori e di fruitori d'arte», ai giovani detentori del futuro, a chiunque esprimesse «direttamente e senza mistificazioni ciò che lo spinge a creare.
Kirchner a tempo ormai riconosciuto come la personalità artistica più vigorosa della Brucke», è oggi ritenuto uno degli artisti più importanti della modernità e , non solo limitatamente alla Germania. La critica, in realtà, non ha mai avuto vita facile con la sua colossale produzione artistica, apparente opera di un ossesso. La strabiliante, chimerica capacità di trasformazione di Kirchner si è sempre sottratta a una comoda classificazione.
Il giovane Kirchner era di bell'aspetto, come testimoniano le fotografie. Gli amici dell'artista venticinquenne — la chioma scura, il viso nei tratti marcati, la sigaretta in mano o abbandonata all'angolo della bocca — lo riscrivono sicuro di sé, incurante, orgoglioso, passionale, arso da un incessante furore artistico.
Del carattere intransigente, e autodistruttivo, è una manifestazione incisiva l'Autoritratto del 1914. Dopo gli anni orribili della guerra la fisicità di Kirchner si fa ancor più trasparente per l'enigma della psiche. Intense campiture di colore si sovrappongono dense l’una sull’altra. Strati reconditi paiono irrompere dal profondo verso la superficie. La figura umana diventa un palinsesto sul quale la scrittura del presente lascia intuire i segni ricoperti del passato.
Gli inizi dell'espressionismo e, con essi, gli esordi artistici di Kirchner si svolsero in un'epoca ribollente di contraddizioni. Non a torto Guglielmo II, re Prussia e Kaiser dell'impero tedesco, aveva fama fra gli artisti al di fuori della cerchia accademica conservatrice e cortigiana di avere il gusto kitsch e ridondante «di una cuoca o un garzone di fornaio».
Con dilettantesca saccenteria, l'imperatore condannava altezzosamente l'arte socialmente impegnata di una Kàthe Kollwitz (1867-1945) e l'impressionismo di un Max Liebermann (1847-1935) come «arte da fogna» e tuonava all'indirizzo dei giovani espressionisti. Per non parlare dell'arte d'avanguardia che arrivava dall'estero, che considerava un vero e proprio orrore. Un atteggiamento, questo, ispirato anche dall'invidia inconfessata per Parigi, capitale mondiale dell'arte. In fin dei conti le svolte rivoluzionarie dell'arte moderna erano maturate tutte in Francia, dove agli impressionisti erano succeduti i postimpressionisti, i grandi solitari Cézanne (1839-1906), Van Gogh (1853-1890), Gauguin (1848-1903) e, fra i seguaci di quest'ultimo, i nabis con il loro modo grandioso di trattare la forma come qualcosa di legato alla superficie e la propensione a un audace decorativismo. Dai primi anni del Novecento furono poi i fauves a schiudere nuove prospettive. Fuori della Francia la modernità trovò un esponente di primaria importanza nel norvegese Edvard Munch (1863-1944), ma anche questo artista doveva moltissimo, anche se certamente non tutto, ai diversi anni di studio trascorsi a Parigi.
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