Nasce dalla famiglia Tibertelli di nobiltà papale, e prende lo pseudonimo di Filippo De Pisis richiamandosi al capitano di ventura Filippo da Pisa, ritenuto un antenato della famiglia. Nel 1916 a Bologna entra in contatto con De Chirico, Savinio, Carrà e poi Morandi. Il suo impegno all'inizio è di tipo letterario ma dipinge già nature morte e paesaggi. Nel '19 aderisce al Dadaismo. La sua casa a Bologna diventa un punto d'incontro per intellettuali e artisti fra i quali Dottori e Prampolini. Nel 1925 va a Parigi dove studia l'Impressionismo. Nel '27 espone a Parigi con Severini e Tozzi, frequenta Soutine e Braque, conosce Matisse e Picasso. Negli anni '30 viaggia molto fra Parigi e Londra. Nel '40 si stabilisce a Venezia dove acquista il Palazzotto a San Sebastiano e da questo momento sigla le sue opere S.S. Nel '48 espone alla XXIV Biennale veneziana. In quell'anno ha un primo collasso nervoso. Nel '51 dopo una lunga malattia riprende il lavoro a Villa Fiorita presso Milano (da cui la sigla V.F.) e nel '52 espone di nuovo alla Biennale veneziana. Dal '48 al '56 De Pisis risente di alti e bassi; gli spazi bianchi aumentano, la sintassi si disarticola, tuttavia alcune delle sue opere come Natura morta con la penna del 1953 raggiungono ancora risultati altissimi. La sua cultura, il suo gusto alimentato nei musei lo rendono una figura molto particolare, come Morandi, sganciato com'è da Valori Plastici, antinovecentista, legato a modo suo all'esperienza astratta e metafisica, sorretto da una felicità grafica quasi esplosiva.
Biography:
Luigi Filippo Tiburtelli, in arte Filippo De Pisis è nato a Ferrara nel 1896. Negli anni della giovinezza ferrarese De Pisis porta a termine gli studi regolari, ma coltiva ad un tempo molteplici interessi: dalla botanica alla storia dell'arte, dalla pittura alla letteratura. Molte di queste esperienze, e in particolare quella letteraria, riaffiorano e tornano utili in seguito al suo lavoro pittorico. Altrettanto vale per l'incontro avvenuto a Ferrara, nella seconda metà degli anni Dieci, con i padri della pittura metafisica: De Chirico, Savinio e Carrà. Anche i frutti di quell'esperienza maturano più avanti, negli anni di Parigi. Nel 1920 si trasferisce a Roma, dove lavora alla definizione di un proprio linguaggio figurativo. Esiti interessanti di quel periodo non mancano, ma è a Parigi, dove si trasferisce nel 1925, che, anche grazie allo studio dei grandi ottocentisti francesi e dei contemporanei, raggiunge la piena padronanza dei suoi mezzi, avviando uno dei più straordinari itinerari della pittura del Novecento, non solo italiano. Il suo pennello diventa infatti una sorta di sismografo capace di registrare con inimitabile immediatezza ciò che accade nell'attimo dell'incontro-scontro tra la sensibilità dell'artista e l'emozione che gli procurano le cose, anche le più umili: una semplice penna d'oca a terra, nel mezzo di una strada, o una conchiglia abbandonata su una spiaggia. Paesaggi, nature morte, frutti, fiori, animali e uomini sono tratteggiati, sulle sue tele, con pennellate lievi, vibranti, luminose, fragili in apparenza, ma dure in realtà come il fil di ferro. È così per tutto il quindicennio trascorso a Parigi, e poi anche in Italia, a Milano e Venezia, dove risiede principalmente a partire dal 1939. Vengono, infine, gli anni di Villa Fiorita. Anni di sofferenze che si riflettono nelle opere di quel tempo estremo della sua arte, ma che non gli impediscono di prosciugare la sua "vena pittorica", costruendo una sintassi figurativa ridotta all'essenziale, capace di esiti all'altezza di quanto di più grande e di più moderno andava avvenendo in pittura, in Italia e fuori. Mentre compiva gli studi classici cominciò a disegnare sotto la guida del Domenichini e del Longanesi. Laureatosi in lettere, insegnò per qualche tempo. Nel 1925 si trasferì a Parigi, dove acquistò solida fama anche come poeta. Se vogliamo riferirlo alla tradizione nostrana vengono in mente Magnasco e Guardi, specialmente Guardi. Agli inizi interpreta a modo suo la pittura di De Chirico e di Carrà rendendola effervescente. Tra il 1924 e il 1927 realizza le nature morte marine, "dove la lezione di Manet è visibile anche nella scelta della tavolozza, nell'uso delle lacche rosse, affondate nella dolcezza delle terre gialle o bruciate, degli accordi sui complementari giallo-oro e blu di Prussia e l'infinita scala dei verdi accordata coi rossi. Sulla tela dalla lievissima imprimitura si espandono le pennellate a furia, larghe, non grasse di colore, intense nella materia, scorrevoli, asciutte e solo a tratti raggrumate in una sosta più densa, come i nodi in una canna di bambù" (Raimondi). De Pisis muore a Milano nel 1956.
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