Luca Giordano |
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Formazione
Luca Giordano nacque a Napoli nel 1632.
Studiò a Napoli nella cerchia di Jusepe de Ribera.
Nel 1652 si recò a Roma, dove venne in contatto con l’ambiente di Pietro da Cortona. Lavorò ancora a Napoli e poi a Montecassino, dove lasciò numerosi affreschi tra i quali: gli affreschi per la cupola di Santa Brigida, la decorazione per la chiesa e il monastero di San Gregorio Armeno.
Nel 1667 si recò a Venezia dove rimase fortemente suggestionato dalla pittura di Tiziano e dal colorismo di Veronese.
Dopo un soggiorno a Firenze tra il 1682 e il 1686, dove eseguì gli affreschi in palazzo Medici Riccardi, nel 1692 venne invitato da Carlo II in Spagna dove realizzò i cicli di affreschi all’Escorial, al Cason di Buen Retiro, nella sagrestia della cattedrale di Toledo e nel monastero di Nostra Signora di Guadalupe.
Nel 1704 tornò a Napoli dove lasciò ancora testimonianze della sua fervida fantasia: le tele per la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella e gli affreschi della certosa di S. Martino.
Fu indirizzato alla pittura dal padre Antoni, copista e imitatore, i suoi primi modelli furono Ribera e Lanfranco.
![]() L'Arcangelo Michele caccia gli angeli ribelli nell'inferno 1655 Kunsthistorisches Museum, Vienna |
![]() Apollon |
![]() Auferstehung |
![]() Bacchus and Ariadne |
Viaggiò molto: fu a Roma, dove fu attirato dall'opera di Pietro da Cortona, a Parma e a Venezia dove si ispirò all'arte di Paolo Veronese. Nell'ultimo periodo, invece, seguì lo stile di Rubens. Da allora comincia la sua più feconda e ricca attività che ebbe modo di esprimere in tutta Italia e all'estero (soprattutto in Spagna). Certamente la rapidità delle sue esecuzioni - di qui l'espressione Luca fa presto - e il gran numero di opere aumentarono la sua fama. Egli si distingue per la sua tecnica raffinata e per il suo stile raffinato ed elegante. Tra le sue opere sono da ricordare gli affreschi di S. Brigida (Napoli), le decorazioni di palazzo Riccardi (Firenze), le tele di S. Maria della Salute a Venezia. Numerosi sono gli affreschi, i disegni e i dipinti diffusi in tutta Europa.
Il lessico pittorico di Luca Giordano si fonda su una formazione eclettica: i veneti, di cui si è detto e su cui torneremo, specificamente sulla figura di Tiziano Vecellio, poi Jusepe de Ribera, che lo istruisce sul chiaroscuro e su una rappresentazione drammatica, e infine Rubens, che gli ispira le carni sensuali, le positure audaci e la magniloquenza che Luca esprime in Palazzo Medici Ricciardi a Firenze e che desume dai grandi dipinti eseguiti dal fiammingo per la famiglia Medici, ora al Louvre. E poi Mattia Preti, che rimane comunque il suo primo e immortale riferimento, per l'impalcatura monumentale delle scene bibliche. Oppure Salvator Rosa, per quel che concerne i paesaggi, ma soprattutto Luca attinge da se stesso. Quando esegue "Il Ratto d'Europa" – per la prima volta esposto al pubblico in questa mostra – il suo referente è Albrecht Durer e l' omonima poesia di Agnolo Poliziano, che era stata per l'artista tedesco la fonte letteraria.
Al modello in questione Luca aggiunge l'incarnato e la conseguente, prepotente sensualità, simile all'omonimo quadro di Tiziano, ora all'Isabella G. Stewart Museum di Boston (finanche gli angioletti in alto a destra ricalcano la tela del cadorino); inoltre Luca dipinge l'attributo della conchiglia due volte, in basso e a sinistra, tenuto e ostentato da due puttini: canonico simbolo che allude alla stato verginale prima e violato poi, di Europa. O ne "Lucrezia e Tarquinio", in cui Luca omaggia Diego Velazquez (tenendo tuttavia a mente ancora Tiziano), dipingendo di spalle Tarquinia (come "La Venere allo specchio" del pittore sivigliano della National Gallery di Londra).
Quello che nella storiografia e nella letteratura (Shakespeare compreso) è un tema trattato con carica drammatica e giudizio morale, qui, nella Pittura di Luca, si risolve come un incontro d'amore, più che in guisa di violenza carnale. O la splendida "Cleopatra", che dipinge con il volto inondato di luce e adombrato da una smorfia di un piacere misto a scompiglio e con un grappolo d'uva, simbolo di vita reciso, nel cesto di frutta, in primo piano in basso. E "Loth e le figlie", tema biblico torbido, che Luca invece raffigura con un vago senso del comico nella figura ebbra di Loth, in cui echeggia la lezione di impatto drammatico e crepuscolare di Jusepe de Ribera (detto ‘Lo Spagnoletto'), nonché la similitudine per la postura di Mosé, con il quadro del Musée de Beaux-Arts di Caen dall'omonimo tema di Giovanni Bellini. Queste immagini testimoniano l'eccletismo pittorico di Luca Giordano, la sua capacità nell'effigiare l'anatomia e il suo oscillare fra temi sacri e temi profani con una disinvoltura ed una tecnica altissima, caratteristica consona ai grandi creatori.
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