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Tra i centri artistici più propositivi per la creazione dello stile gotico internazionale, un ruolo particolare venne svolto da Avignone. Sede della curia papale fino al 1376, la città si caratterizzava già nella prima metà del Trecento per un clima culturale cosmopolita estremamente fecondo.
Ancora in Francia, particolarmente rilevante fu il contributo degli artisti parigini, soprattutto di miniatori e orafi, che diedero vita a una produzione estremamente raffinata di oggetti di lusso destinata a soddisfare le esigenze di un pubblico elitario e amante dello sfarzo. Proprio in questo clima si diffuse la moda dell'arazzo nato dalla collaborazione tra pittori, che fornivano i modelli per la composizione, e tessitori specializzati.
Destinato ad essere appeso alle pareti, l'arazzo aveva un valore decorativo, accresciuto dalla preziosità dei materiali impiegati (accanto alla lana, la seta e i filati metallici), ma svolgeva anche la funzione pratica di difendere gli ambienti dal freddo e dall'umidità. Più a est, la Boemia fu un'altra regione interessata dalla diffusione del gotico internazionale; qui esso assunse una declinazione particolare, caratterizzata dall'idealizzazione fisionomica delle figure, dalla ricerca di uno stile dolce, dalla fluenza ritmica della linea di contorno.
L'ARTE PREZIOSA DI GENTILE DA FABRIANO In Italia, uno dei protagonisti del gotico internazionale è stato Gentile da Fabriano. Le sue prime opere, eseguite per la città natale come il polittico con l'Incoronazione della Vergine per il convento di Valle Romita presso Fabriano, mostrano un linguaggio inedito per l'Italia centrale, aggiornato sui caratteri internazionali, in particolare lombardi e transalpini. Le elegantissime figure dei santi, definite dallo squisito disegno lineare delle pieghe delle vesti preziose, si librano senza peso su prati fioriti. L'oro del fondo, finemente operato, intesse anche le stoffe e a da luce alle figure, così da rendere l'opera straordinariamente preziosa.
Abbandonata Fabriano, Gentile si recò nei più importanti centri artistici italiani, Venezia, Brescia, Firenze, Orvieto e Roma, contribuendo a diffondere il gusto internazionale. Purtroppo nulla resta dell'attività veneziana del pittore, chiamato nel 1408 a eseguire affreschiraffiguranti la Battaglia tra Ottone III e i veneziani nel Palazzo Ducale.
Degli affreschi eseguiti tra il 1414 e il 1419 per Pandolfo Malatesta al broletto di Brescia restano soltanto alcuni frammenti con vedute di città, riscoperti e riferiti al pittore marchigiano.
Restano invece a documentare la grande arte del pittore le opere risalenti al periodo fiorentino, come l'Adorazione e il Polittico Quaratesi che denotano una profonda maturazione dell'artista.
Le figure vi appaiono solidificate da un chiaroscuro più marcato, anche se fatto di pennellate sottilissime e analitiche, rivelando l'influsso dell'arte di Masaccio e di Masolino.
Colpisce il contrasto stridente tra la drammaticità della scena principale - che raffigurazione del cattivo ladrone tocca punte di tragico espressionismo - e il disperdersi della narrazione in mille episodi indifferenti al dramma che si svolge nella parte superiore della composizione.
I personaggi vestiti all'ultima moda con cappelli fantasiosi e vesti sontuose, l'amore per il dettaglio, il gusto di raffigurare particolari tratti dall'osservazione della realtà denotano un'adesione del tutto personale allo stile tardogotico. La qualità pittorica è sempre molto alta e tocca vertici di virtuosismo negli angeli del Battesimo di Cristo, dalle ali variopinte e intarsiate con applicazioni di madreperla a restituire, ancora una volta, la preziosità dei dipinti su tavola alle pitture parietali.
LA STORIA DI LUCIA DI JACOBELLO DEL FIORE
Esempio significativo dell'interpretazione veneziana del linguaggio tardogotico sono le Storie di santa Lucia di Jacobello del Fiore, conservate nella Pinacoteca Civica di Fermo.
Eseguite all'inizio del secondo decennio del secolo, le Storie di santa Lucia riflettono l'influsso determinante di Gentile da Fabriano, presente nella città lagunare già nel 1408.
I particolari più sontuosi, come le vesti della santa realizzate in stucco dorato, si stemperano nel tono fiabesco della narrazione ambientata in paesaggi irreali, che rievocano le tipologie bizantine care alla tradizione veneziana trecentesca.
Tuttavia i prati su cui poggiano i protagonisti delle scene sono trapunti da erbe che sembrano tratte dai coevi repertori botanici, in linea con gli interessi naturalistici della più aggiornata cultura internazionale. Anche il gusto per la rappresentazione dei costumi contemporanei, evidente soprattutto nella scena del Rogo di santa Lucia, riporta alla temperie culturale dell'epoca.
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