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William Holman Hunt E’ il meno noto ed apprezzato dei preraffaelliti, anche se sarà il solo a tener fede, fino in fondo, ai presupposti originari della Confraternita. Londinese, figlio di un capo magazziniere, destinato a un lavoro subalterno se non fosse stato sorretto da passione fortissima per la pittura, dopo due tentativi falliti entra, nel 1844, nelle scuole della Royal Academy. Negli anni successivi si avvicina agli scritti di Ruskin e alla poesia di Keats: influssi fondamentali per l’individuazione di uno stile e di una iconografia. Nel 1848 espone alla Royal Academy un’opera ispirata a Keats: La fuga di Maddalena e Porfirio, in stile ancora accademico. Attraverso Millais conosce Rossetti: la fondazione della P.R.B. è cosa nota. Rappresentante tipico della tecnica preraffaellita, è convinto che l’arte non possa prescindere da costante, perseverante applicazione, anche se nel 1863 confesserà sconfortato: «Lavoro e lavoro finché mi sento il cervello prosciugato come un vecchio pezzo di sughero, ma il risultato si allontana sempre più da me!»
Innamoratosi di una sua modella, Annie Miller, con tipico zelo evangelico aveva tentato di redimerla e avrebbe voluto sposarla. Ma, affidata la ragazza a Rossetti al momento del primo viaggio in Terrasanta, al ritorno l’aveva trovata nel pieno di una situazione amorosa con l’amico, certo custode inadatto della virtù femminile. C'è certamente una vena di morbosità nell’atmosfera di fervore religioso e repressione moralistica che circonda la vita e l'opera di Hunt. Diversamente da Rossetti, egli è un tipico uomo della epoca. Ne La luce del mondo l’artista esplica una notevole tensione nel rendere con cura lo sfondo illuminato dalla luce lunare, lavorando di notte, all’aperto, a lume di lanterna. Accolto con scarso interesse all’esposizione della Royal Academy del 1854, il quadro sarà ancora una volta difeso da Ruskin.
In seguito (1865) l’autore spiegherà come la luce fisica corrisponda alla luce spirituale, la ruggine alla corrosione delle facoltà vitali, le erbacce alle malvage attitudini, il pipistrello, animale notturno, al buio e all’ignoranza, e così via. Quadro molto popolare, riprodotto senza fine in libri e stampe, diverrà una delle immagini chiave della religiosità vittoriana.
Anche Ruskin, questa volta, citerà il pericolo di «un eccesso di sentimento, che può fare dimenticare le esigenze della pittura come tale» (1856). Affrontati grandi disagi (dipingeva sulle rive del Mar Morto, a una temperatura al limite del sopportabile, con un fucile accanto per difendersi dai predatori), Hunt ambienta l’animale simbolo delle colpe del mondo nel luogo stesso dove credeva fosse esistita Sodoma. Per noi l’unico interesse è nella componente iperrealista che prosciuga l’atmosfera e comunica una sorta di allucinata tensione. Tornato in Terrasanta, realizza altre opere religiose: L’ombra della morte (1869-1870) e Il trionfo degli innocenti (1876-1887), diffuse ampiamente in stampe e riproduzioni, sempre più elaborate, sempre più calligrafiche. Ne Il trionfo degli innocenti realtà e allegoria si mescolano curiosamente. Era stato definito da Ruskin «il più gran quadro religioso dell’epoca», ma ci sembra più nel giusto F.G. Stephens, l’antico sodale della P.R.B., che lo riterrà «strano miscuglio di reale e irreale, contraddittorio e inquietante», dichiarandolo «un nobile fallimento». Definizione che potremmo forse applicare all’intera opera dell’artista. A cavallo del secolo (1886-1905) è La Dama di Shalott, che ci riporta, in stile ormai Art Nouveau, ai climi romantico-medioevali delle illustrazioni dei Poems di Tennyson del 1857. Curioso effetto, quello della durezza reificante di Hunt applicata al nuovo gusto! Un ultimo eccesso è nella capigliatura esorbitante della dama, per dipingere la quale l’artista pare avesse impiegato tre anni.
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