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Armand Fernandez nasce a Nizza nel 1928 , figlio di Marthe Jecquet e Antoine, pittore dilettante e uomo dotato di grande energia e creatività. 1949-1959
1959-1962 1970
Continua anche un importante percorso espositivo: 1991 - Museum of Fine Arts di Huston, Brooklyn Museum e Detroit Institute of Arts; 1998 - Retrospettiva al Museo de Jeu de Paume, Parigi; 2001 - Retrospettiva al Museo d'Art Moderne et Contemporain di Nizza.
BIBLIOGRAFIA Arman e l'elenco di Umberto Eco È morto Arman (Armand Pierre Fernandez), a settantantasette anni. È stato uno degli artisti del Nouveau Réalisme, quello delle scatolette piene di orologi ed occhiali, degli 'assemblages' di violini spaccati o di ruote e pedali di biciclette. Un grande - e un uomo amabilissimo e generoso. Raggiunto il successo, spesso si faceva pagare solo in natura.
Aveva arredato gran parte del celebre Circus di New York, e cercava disperatamente di ricuperare il dovuto invitando in quel ristorante carissimo tutti gli amici che poteva - ma rimaneva sempre in credito. Aveva creato un'intera suite al Lutetia di Parigi, dove ogni mobile recava la sua stralunata impronta, e poteva abitarvici, salvo che ogni volta che partiva doveva fare le valigie perché la suite era concupita da amatori danarosi, e si lamentava, perché era come andare e venire in un 'hotel meublé' dove ti sbattono fuori se non hai pagato il conto. La sua palazzina in una zona degradata di downtown New York era un luogo magico, con due piani popolati di tutti gli oggetti improbabili che lui raccoglieva per poi farne assemblaggio.
Da tempo desidero scrivere, non so se un saggio o un libro, sulla forma dell'elenco o del catalogo. Uno dei capitoli finali riguarderà certo Arman. Partirei per contrasto dal canto XVII dell'Iliade, quando Teti va da Efesto e gli richiede uno scudo per Achille, ed Efesto glielo costruisce come un microcosmo mirabilmente organizzato. Ha una forma circolare, con un triplice bordo e cinque fasce concentriche, lungo le quali sono scolpite la terra, il cielo e il mare, il sole e la luna con tutte le costellazioni. Poi dalla geografia e dall'astronomia si passa alla vita civile e si vede una città con le sue cerimonie nuziali, i suoi mercati, i suoi tribunali. Segue infine intorno alla città una rassegna dell'arte della guerra, ma poiché la guerra si svolge nel territorio esterno, intorno ad essa appaiono la vita dei campi e gli animali selvaggi. Poi, in armonia con la natura, ecco le feste e le danze, e cioè l'arte. Intorno a tutto, la forza anzitutto dell'Oceano. Questo scudo è un'enciclopedia di tutto quello che gli uomini di allora sapevano e a cui conferivano valore, ordine e criterio. Esso rappresenta la forma del mondo. Invece, sempre nell'Iliade, canto secondo, i Troiani devono rendersi conto di chi abbiano di fronte, e in quali forze. Impresa difficile in quei tempi arcaici, perché in fondo i Greci si riconoscono come tali solo nel corso della comune impresa della guerra contro Troia. Chi essi siano, come entità politica e culturale, non lo sanno ancora, e tanto meno lo sanno i Troiani. E qui la descrizione non può individuare una forma compiuta, e procede per elenco. È il catalogo delle navi e degli eserciti, e alcuni commentatori ritengono che proprio attraverso questo catalogo noi possiamo oggi fare congetture circa la realtà geografica, economica e politica di quell'era della civiltà mediterranea. Insomma, si costruiscono forme compiute quando si è sicuri della propria identità culturale, e si accumulano elenchi quando ci si trova di fronte a una serie ancora sconnessa di fenomeni all'interno dei quali si cerca questa identità.
Il libro che vorrei scrivere non dovrebbe occuparsi delle epoche capaci di offrire le forme compiute della Venere di Milo o dell'Apollo del Belvedere, ma dovrebbe parlare dei lunghi cataloghi della letteratura e delle enciclopedie medievali, di quegli elenchi in carne ed ossa che sono i tesori delle cattedrali e le Wunderkammern barocche, dei panorami sconnessi in cui Bosch disegna paesaggi multipli e creature uscite da tutte le mitologie, per arrivare - magari attraverso Arcimboldi - ai collages cubisti e agli elenchi che nutrono lo 'Ulysses' di Joyce. Ogni esperimento di assemblaggio appartiene alla tradizione dell'elenco.
Salvo che l'elenco può essere sia rassegna di cose disparate che moltiplicazione di cose identiche. Arman aveva scelto la seconda strada. Le sue opere sono state quasi sempre moltiplicazioni di un oggetto singolo, o quasi. Ma è questo 'quasi' che rende i suoi cataloghi misteriosi e rivelatori. Perché essi ci mostrano che anche all'interno del medesimo (tante forchette, tanti occhiali, tanti strumenti musicali) esiste la possibilità di una modulazione del molteplice. Nel forsennato (ma segretamente regolatissimo) gioco dei suoi assemblaggi, in cui ogni oggetto, per un'inclinazione, una deviazione di equilibrio, una rotazione minima, si differenzia dai suoi confratelli, Arman trasforma la monodia dell'identico in sinfonia dell'eterogeneo. Lui giocava, e si divertiva, ma al tempo stesso sornionamente s'interrogava sul nostro mondo quale immensa sfilata di oggetti che, non avendo ancora noi trovato le caselle dove porli in armonioso rapporto reciproco, non ci resta che mettere appunto insieme, come nell'attesa - non di rado angosciata - di scoprire il segreto di una forma nascosta, di una regola aurea di cui si prova la nostalgia.
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