Socialismo e sindacalismo

 

Socialismo e sindacalismo

Sul finire del secolo si assiste ad alcuni fenomeni rilevanti dal punto di vista sociale: l’allargamento del diritto di voto, a crescita del socialismo, la nascita delle rappresentanze sindacali. L’allargamento del suffragio era indice di un avanzamento della democrazia anche se per i governanti era solo un sistema per avere più voti.
Socialismo e sindacalismo sembrerebbero forze che doveva no essere solidali o nascere dall’unica matrice della necessità delle classi operaie e più deboli, ma in realtà vi era una forte differenza nella loro origine e vi sarà anche una forte differenza nella loro origine e nel loro sviluppo. Il socialismo era una teoria, una dottrina e una filosofia concepita da intellettuali toccati dalle condizioni di vita miserabili del ceto proletario e operaio del tempo. Il loro obiettivo era si di far cessare quelle condizioni, ma attraverso la rimozione delle cause che erano ovviamente individuate nel sistema, che per essi era pertanto da abbattere.. La loro posizione era radicale e rivoluzionaria.
I sindacati volevano ugualmente cambiare le condizioni di vita degli operai, ma non in base ad una teoria, bensì in base alle richieste più urgenti degli stessi lavoratori che rimanevano abbastanza lontani dai progetti più a meno utopici dei socialisti-marxisti di cambiamento della società in un tempo a venire.
Gli operai sentivano la necessità urgente del piccolo e indispensabile miglioramento, del piccolo aumento di salario, dei pochi minuti in meno dell’orario, in forme più sicure di lavoro e di previdenza. Erano quindi più vicini ai sindacati che ai socialisti, così come essi si presentavano loro. Anzi vedevano con perplessità l’ipotesi morte di un sistema dal quale dipendeva allora la loro esistenza. Preferivano trattare. I sindacati erano anch’essi propensi a trattare e cercare di ottenere con il minimo scontro il massimo di ciò che era ritenuto auspicabile e nello stesso tempo possibile. I lavoratori avevano però anche bisogno di leggi più favorevoli e mentre sostenevano con la partecipazione le unioni sindacali, votavano per i partiti socialisti che cominciavano ad essere significativamente rappresentati nei vari parlamenti.
Il caso dell’Inghilterra è esemplare: il partito laburista fu fondato per iniziativa sia di sindacalisti (molto più numerosi dei socialisti) che di intellettuali e fu valido strumento di difesa del sindacato riuscendo a vanificare leggi che potevano danneggiarlo come la ‘Taff Vale decision" del 1901 che imponeva la responsabilità sindacale per le perdite subite dall’imprenditore in caso di sciopero.
Nel 1867 usciva il prima volume de "Il Capitale" di Marx (il Manifesto comunista era stato pubblicato nel 1848).
Negli anni precedenti e successivi Marx ebbe una intensa attività di divulgatore a finì per affermare le sue tesi rivoluzionarie all’interno dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (Prima Internazionale) di cui facevano parte mazziniani, lasalliani e bakuniniani, presto esclusi dalla lotta o perché moderati o perché anarchici.
Lo Stato per Marx non doveva essere abbattuto ma conquistato con l’abbattimento del vero nemico, il capitalismo e suo sistema economico.
I fatti di sangue della Comune di Parigi nel 1871 appoggiati da Marx allontanarono dal suo movimento gli elementi più moderati.
La realtà dei ceti più poveri e operai e la necessità dei partiti di trovare più larghi appoggi elettorali, che portava all’allargamento del suffragio, spingeva però versa la costituzione di rappresentanze sempre più numerose dei lavoratori che andavano organizzandosi politicamente in partiti che sceglievano naturalmente la teoria avversa a quella dei loro avversari sostenitori del capitalismo.
Negli anni ‘80 sorsero così pressoché in tutta Europa partiti socialisti o socialdemocratici di ispirazione anche lasalliani ossia moderata, ma prevalentemente marxisti e sempre più intransigenti dal punto di vista ideologico.
Marx muore nel 1883 lasciando una mastodontica mole scritti che saranno pubblicati dopo la sua morte e diventeranno la base di una nuova fede democratica avente come obiettivo la giustizia e l’eguaglianza sociale, con esiti purtroppo totalitari nelle realizzazioni.
In alcuni paesi si sviluppò con forza e rapidità, come la Francia e Germania, dove vi era già una coscienza della lotta tra le classi e dove esisteva un certo grado di istruzione diffusa. Meno proseliti ebbe invece dove sindacati erano più forti ed esisteva una tradizione di patteggiamento che dava certi frutti come in Inghilterra o dove operai e contadini poco istruiti diffidavano di ogni organizzazione e speravano solo insurrezioni di tipo garibaldino e mazziniano come in ltalia. Dove crescevano i partiti socialisti, votati dagli operai, crescevano anche i sindacati e lo scontro con il sistema economico si basava sulle teorie internazionali e rivoluzionarie di Marx, ma si conduceva sui banchi del parlamento e ai tavoli delle trattative con i datori di lavoro per cui il socialismo prese sempre più una piega riformista democratica.
Questa larga tendenza revisionista dell’integralismo marxista fu ovviamente tacciata di opportunismo dagli esponenti più rigidi e fedeli del movimento come Georges Sorel e Lenin, il primo, esponente del sindacalismo rivoluzionario, operante in Francia dove propugnava il governo del sindacato e uno sciopero generale che avrebbe dovuto mettere in ginocchio il sistema capitalistico e indurlo ad accettare le condizioni dei lavoratori; il secondo operante momentaneamente in Inghilterra come esule dalla Russia e capo di un gruppo che chiese e ottenne dal partito socialdemocratico russo, anch’esso operante a Londra, di mettere al bando i revisionisti. Anche in Germania infine l’internazionale prese posizione e indusse dall’inizio del ‘900 i socialisti ad astenersi da qualsiasi partecipazione a governi in cui a maggioranza era retta da borghesi e appoggiava il capitale.
La forza del sindacato, il voto allargato ai ceti comprendenti largamente i lavoratori, un relativo generale innalzamento del tenore di vita dovuto anche al sistema capitalistico e liberistico che aveva dato impulso al commercio e all’industria, teneva lontana tuttavia la grande massa di lavoratori da tentazioni rivoluzionarie, benché nei primi decenni del ‘900 la situazione si andasse facendo più Critica in quanta a ricchezza dei capitalisti era manifestamente in aumento a fronte dello stallo delle condizioni economiche della classe operaia che dava segni di insofferenza della situazione con scioperi e proteste sempre più gravi interrotti poi dallo scoppio della I° guerra mondiale.

 

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