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Jacopo Tatti detto il Sansovino Firenze 1486 - Venezia 1570 Scultore, architetto e allievo di Andrea Sansovino, da cui prenderà il soprannome, si recò a Roma nel 1506-10 e una seconda volta nel 1516-27, facendo esperienza di un dibattito teorico e pratico sull'architettura che aveva come protagonisti, da un lato Bramante e Raffaello, dall'altro G. da Sangallo. I suoi esordi come scultore lo vedono intanto
competere direttamente con
Michelangelo in opere di raffinata ispirazione classica come il
Bacco (1512, Firenze, Bargello):
e il San Giacomo Apostolo (Firenze, Duomo). Il monumento al
cardinale Sant'Angelo
(chiesa di San Marcello) e la facciata posticcia di Santa Maria del Fiore,
eretta in collaborazione con Andrea del Sarto nel 1514 per l'ingresso
di Leone x a Firenze, testimoniano delle incertezze delle sue prime
ricerche, informate a una contaminazione tra architettura, scultura e pittura.
Nel 1519 il Sansovino vinse il concorso per la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a Roma, ma il suo schema a pianta centrale verrà presto abbandonato. Nel 1527, dopo il Sacco di Roma, riparò a Venezia.
Divenuto «proto delle Procuratie de supra»
nel 1529, iniziò la propria attività veneziana con quattro opere altamente
significative: l'altare maggiore della Scuola Grande di San Marco (1533
ca), la nuova Scuola della Misericordia (dal 1532) e la chiesa di San Francesco
della Vigna (dal 1534). La rigorosa sintassi architettonica del classicismo
romano faceva per questa via il suo primo ingresso a Venezia, vincendo i
compromessi della tradizione locale: quando Venezia decise di rinnovare
il proprio centro urbano (piazza San Marco), nell'intento di elevarlo a
simbolo delle libertà civili di cui si sentiva depositaria, toccò al
Sansovino di coordinare, attraverso un'organica serie di interventi,
la ristrutturazione del «cuore» della città. Dal 1537 in poi a lui fu affidata
la costruzione degli edifici principali della nuova sistemazione, la Libreria
Marciana, la Zecca, la Loggetta del campanile, opere che fissano, in una
sapiente opera di regia architettonico - urbanistica, i criteri per i futuri
completamenti della piazza. Nel nuovo complesso di piazza San Marco, il
Sansovino compensò il rigore del linguaggio classicista che domina, nel
pieno dei suoi caratteri eruditi e retorici, i nuovi edifici da lui progettati,
con il rispetto per le preesistenze medievali e quattrocentesche (San Marco,
il campanile, la torre dell'orologio, le Procuratie Vecchie); il colloquio
tra classicismo e tradizione veneta fu raggiunto attraverso una sapiente
concezione tutta teatrale dello spazio urbano.
In terraferma si trova un altro capolavoro sansoviniano: la Villa Garzoni a Pontecasale (dal 1540 ca) concepita dal Sansovino come un corpo di fabbrica che all'esterno riecheggia la concezione del blocco chiuso del Quattrocento toscano, mentre la pianta a U si apre all'interno su un cortile quadrato di raffinata concezione, evocante modelli antichi.
Il Sansovino deve essere considerato la figura
principale dell'architettura veneziana del Cinquecento. La sua attività
di scultore, è caratterizzata da una manieristica preziosità di dettagli
e da un gusto quasi pittorico per i contrasti luministici; come ad esempio
Il gruppo con la Madonna, il Bambino e san
Giovannino (1537-40) per la Loggetta del campanile o quello che è
considerato il suo capolavoro, ovvero i rilievi bronzei per le cantone e
per la porta della Sagrestia di San Marco
(1537-53), dove entro una incorniciatura con statue e busti di Profeti,
raffigurò la Deposizione e la Risurrezione di Cristo. In seguito le opere
di scultura del Sansovino andarono perdendo di qualità non solo per
il crescente intervento dei collaboratori, ma anche per un affievolirsi
delle sue facoltà inventive che lo portò ad una sorta di involuzione accademica.
Ci furono così un serie di opere meno riuscite, come Palazzo Dolfin (1536-40
e 1545), la chiesa di San Maurizio, le Fabbriche Nuove di Rialto (1555 ca).
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