Reni Guido

 

Guido Reni
1575-1642

Guido Reni nasce a Bologna, in via San Felice, il 4 novembre, 1575 ed entra, secondo la testimonianza del suo maggior biografo, il Malvasia, all'età di nove anni nell'atelier del Calvaert. È probabile che presso il pittore fiammingo egli rimanesse fin quasi ai vent'anni, passando in età già più che adolescente sotto l'influenza più moderna dei Carracci, ed in particolare di Ludovico: induzioni e testimonianze tutte che sono state verificate e messe in luce dalla nostra monografica dedicata al maestro in Bologna (1954) ad opera di Cesare Gnudi (riassunte poi nel volume di C. Gnudi e G. C. Cavalli, edito a Firenze nel 1955).

 


La strage degli innocenti
Bologna

La Madonna del Rosario
Pinacoteca Nazionale, Bologna

Adorazione dei pastori, Londra

Il primo dipinto pubblico conosciuto dovrebbe essere L'incoronazione della Vergine della Pinacoteca bolognese (1595-98 c.), seguita dalla vittoria nel concorso indetto dal Senato per ricordare, con una Memoria dipinta, il passaggio nella città di Clemente VIII nel 1598. Le testimonianze malvasiane accennano proprio in occasione ai primi screzi fra Ludovico e il giovane Reni: che il movente della partenza di Guido verso Roma, che sono il movente della partenza di Guido verso Roma, che si deve pensare avvenuta negli anni compresi tra il 1600 ed il 1602, dopo aver approntato accanto agli altri giovani «Incamminati» due affreschi, la Coronazione di spine e la Preghiera nell'orto nell'oratorio di San Colombario (attribuiti a Reni da Arcangeli).

 

 

 

Se il primo soggiorno romano è già concluso entro il 1603, data dei funerali di Agostino Carracci a Bologna, il secondo è più lungo e comprende (dopo l'affresco a San Michele in Bosco, nella città natale) opere fra le più importanti del Reni, e cioè il Sant'Andrea al martirio in San Gregorio Magno, la decorazione della Cappella del Quirinale, gli affreschi in Santa Maria Maggiore, e infine la celebre Aurora nel Casino del Cardinale Scipione Borghese in Palazzo Rospigliosi Pallavicini; opere tutte scalate fra il 1608 ed il 1614.

Intorno alla metà del secondo decennio, qualche ragione difficile da spiegare se non come desiderio di abbandonare Roma ed una condizione artistica insoddisfacente, spinge Guido a ritornare a Bologna, e ormai definitivamente. Qui egli aveva già, intorno al 1611, o poco oltre, dato esempio delle sue novità classicistiche con la famosa Strage degli innocenti, ed aveva anche iniziato gli affreschi che decorano l'abside della Cappella del Santo in San Domenico.

La grande accoglienza fatta a queste opere, unitamente al progressivo allentarsi del predominio del vecchio Ludovico Carracci, ormai prossimo alla morte, sono in realtà la ragione più vera del ritorno in patria.

 


La Fortuna, Roma

San Giovanni Battista collezione privata, Roma

la Crocifissione e i Dolenti,
Pinacoteca Nazionale, Bologna

Le grandi commissioni, da questo momento, si susseguono con ritmo costante. Sul 1615-16 è compiuta la grandissima Pala dei Mendicanti (Bologna, Pinacoteca Nazionale); un anno dopo appena appaiono l'Assunzione nella Chiesa di Sant’ Ambrogio a Genova e le Fatiche di Ercole oggi al Louvre, è poi la Consegna delle chiavi un tempo a Fano, oggi a Perpignan; quindi le due pale un tempo a Modena oggi a Dresda, Gemäldegalerie.

Un improvviso quanto travagliato viaggio a Napoli è bruscamente interrotto nel 1622.
Cinque anni dopo un con per una «tavola in San Pietro» viene spezzato durante con seguito di polemiche.

 

 

Il famoso Ratto di Elena del Louvre rappresenta forse a punto un tentativo, abbastanza infelice, del resto, di aggiornamento efficace e pronto sulle correnti neo-venete e classiciste di moda in quegli anni; superato subito e negli stessi mesi da un autentico ed originale capolavoro quale è la Pala della peste eseguito lo come ex-voto della città per la gravissima calamità del 1630-31.
 

Ha inizio, con questo dipinto, l'ultima e più singolare «maniera» del Reni, quella destinata a suggerire alla critica moderna motivi non trascurabili di rivalutazione dell'artista.

 


Atalanta e Ippomene, 1615, Madrid

L'Aurora 1614, Roma

Ed è in questo ultimo decennio dell'attività reniana che si susseguono dipinti di grande suggestione, appena toccati da un pennello sempre più lieve: la Circoncisione della Chiesa di San martino a Siena, il Ratto di Europa della collezione Mahon a Londra, le Crocifissioni (Modena, Roma), il San Sebastiano e il Sant'Andrea Corsivi della Pinacoteca di Bologna, le due bellissime Adorazioni del Bambino della Certosa di San Martino a Napoli e della National Gallery di Londra (già Liechtenstein).

 

 

La Sacra famiglia di collezione privata a Firenze, il grande San Marco in carcere della Cattedrale di Crema; nonché la sera piccole tele della Galleria Capitolina a Roma, che sono poco più che abbozzi pittorici (per tali, infatti, passarono tanto nel Seicento quanto soprattutto nel secolo scorso), e tuttavia colma di un'ansia creativa originale e personalissima. A completare il quadro di questo scorcio della vita e dell’attività reniana, sembra opportuno suggerire la lettura della biografia al maestro dedicata dallo storico Carlo Cesare Malvasia, tale da fornire uno straordinario materiale narrativo e critico di ogni futuro romanzo sul Reni. Il quale muore, dopo due giorni di agonia, il 18 agosto 1642, all'età di sessantasette anni.

Il corpo è esposto al popolo, in San Domenico, per due giorni, e sepolto poi nella tomba dei Giudotti dove, ventitre anni dopo, verrà deposta colei che più ebbe a ereditare il "mito" della pittura reniana, sacra e verginale, cioè Elisabetta Sirani.

 

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