Domenico Lo Savio
(1935-1963)

Lo savio Domenico

Una delle personalità più complesse e vitali dell'avanguardia italiana, lavorò nel breve spazio di quattro, cinque anni, dal '58 al '63, finché la sua intensa creatività non fu interrotta dal suicidio.
I suoi Dipinti, Filtri, Metalli sono, insieme alle opere di Lucio Fontana e Piero Manzoni, testimonianza di uno dei momenti più significativi dell'arte moderna italiana.

"Quando iniziai a lavorare ... ero libero da ogni preconcetto formale, coerente a una concezione ideologica e sociale ... sia concettuale che formale, dell'architettura e dell'industrial design".

Luce e Spazio:


Spazio luce 1959

Nella serie di opere metalliche da appendere a muro fatte nei due anni prima della sua morte, i "Metalli", Lo Savio si avvicinò di più a quest'immagine sognata.
Mentre per Turner il colore nero aveva il potere di portare nel mondo reale anche il più sfuggente dei colori, dandogli misura e peso visivo, e qualità costanti di forma fisica e sostanza, il nero di Lo Savio, nella sua malinconica solitudine, massa visiva e studiata opacità, intende chiaramente portare la nostra percezione dei 'Metalli' del tutto oltre il regno del sostanziale.

Opposto assoluto di colori come bianco o giallo, che rilasciano il massimo di luce riflessa, il nero la assorbe quasi tutta. Mentre gli oggetti bianchi o gialli si espandono nell'occhio - sembrano più grandi della loro vera dimensione - gli oggetti neri si contraggono e sembrano comprimersi, dando un senso di più alta densità. E' questo senso di energia implosa che e' così snervante in queste ultime opere di Lo Savio.

A prima vista, sembrano aprirsi allo spettatore, ma come presenze metaforiche sono cose compatte, cristalline, dure e durature. Nei "Metalli" il tempo sembra star fermo. Quindi, nonostante i guizzanti riflessi di vita passeggera che animano le superfici incontaminate, e' la transitorietà della nostra esistenza che viene messa in primo piano. Nei "Metalli" la luce davvero sembra volare quasi nel vuoto, portando con sè tutti i nostri abituali legami con il quotidiano.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che senza dubbio Lo Savio veda il mondo in quanto strutturato dalla luce ce lo dicono i "Metalli". Però questi ci mostrano anche che il mondo e' una concettualizzazione della luce che dipende in modo cruciale dalla nostra penombra metaforica; la luce per Lo Savio ha una funzione simile all'aria della mente di Federico Garcia Lorca. Pure, sarebbe senz'altro troppo semplicistico definire questa luce quale intelligenza strutturante. Nonostante la struttura sia per Lo Savio come per Umberto Eco un "dono" della mente, essa non e' qualcosa da imporre sulla grana di un più grande ordine naturale. Armonizzare l'interno con l'esterno - la mente col mondo -, allo scopo di raggiungere quella che Turner chiamava coincidenza, è dunque per Lo Savio il punto in cui la struttura è resa manifesta. Questo concetto di struttura può essere espresso in forma di semplice equazione metafisica. L'addizione del soggetto umano intelligente più il mondo perfettamente intelligibile è uguale alla comprensione di un universo naturalmente strutturato e ordinato; è la fine della divisione dualistica del sensibile da ciò che si può sentire. L'opera d'arte, a questo riguardo, è par excellence il luogo della realizzazione strutturale.
 

Jon Thompson è Professore Ordinario all'Università del Middlesex, dove dirige la ricerca nelle Belle Arti. La sua pubblicazione più recente è un'inchiesta sull'artista Panamarenko. Tra molte altre mostre, ha curato "Falls in the Shadow" (cadute nell'ombra) nel '76 e "Gravity and Gracè" (gravità e grazia) nel '93, entrambe alla Hayward Gallery, Londra.
 


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