Klimt Gustav

 

Gustav Klimt
14 luglio 1862 - 6 febbraio 1918

Pittore austriaco, uno dei massimi esponenti dell' art nouveau, stile Liberty, in Italia, protagonista della secessione viennese.

Nasce il 14 luglio del 1862, secondo di sette figli, a Baumgarten, sobborgo agricolo di Vienna. Il padre Ernst, d'origine boema, era un orafo. La madre Anna Finster, viennese di modeste origini, sognava di "calcare il palcoscenico" come cantante lirica. Gustav ha due fratelli artisti: Ernst pittore e Georg orafo, al quale si devono molte cornici di metallo di suoi dipinti.
Nel 1876 frequenta con una borsa di studio la Scuola d'arti e mestieri del Museo austriaco per l'arte e l'industria (Kunstgewerbeschule) per la durata di tre anni. Frequenta, per due anni, il corso propedeutico con i professori Rieser, Minnigerode e Hrachowina, e quindi, fino al 1881, la scuola di pittura del professor Laufberger.


Idillio, 1884

Nuda Veritas, 1898
Galerie Welz, Salisburgo

Nel 1877 il fratello Ernst è ammesso alla Kunstgewerbeschule. Gustav comincia a ritrarre le sorelle e a disegnare ritratti da fotografie.
Nel 1879 lavora con il fratello Ernst e il compagno di studi Franz Matsch (1861-1942) ai graffiti che Laufberger realizza nel cortile del Kunsthistorisches Museum di Vienna e all’allestimento della parata storica per le nozze d'argento di Francesco Giuseppe.
Nel 1880 i fratelli Klimt e Franz Matsch ricevono la prima commissione: realizzano i dipinti che decorano gli angoli del soffitto nella sala delle riunioni di Palazzo Sturany a Vienna. Vengono presentati da Laufberger agli architetti Fellner e Helmer, specialisti nella progettazione di teatri; dipingono un soffitto nella Kurhaus di Karlsbad (Karlovy Vary).
Nel 1881 alla scomparsa di Laufberger prosegue gli studi con il professor Berger. L'editore Martin Gerlach lo incarica di illustrare la pubblicazione Allegorien und Embleme, pensata come opera "in grande stile" con immagini allegoriche.
Nel 1882 i due fratelli Klimt insieme a Matsch eseguono alcune decorazioni per il teatro di Reichenberg; è evidente l'influenza di Makart. Inizia la collaborazione con Fellner e Helmer.
 

 

Nel 1883 i due Klimt e Matsch formano la Künstlercompagnie e si trasferiscono nell'atelier della Sandwirthgasse 8. Lavorano in Romania nel castello reale di Pelesch. Gustav dipinge Favola, opera tratta da una delle illustrazioni per Allegorien und Embleme e diversi nudi accademici.
Nel 1884 l'influenza di Makart è evidente in Idillio dove notevoli sono anche i richiami a Michelangelo. Dipinge Poeta e Musa.
Nel 1885 l'architetto Hasenauer realizza Hermesvilla a Lainz (Vienna), Klimt collabora alla decorazione dei murali eseguiti su bozzetti di Makart e esposti a Vienna prima di essere consegnati. Decora il Teatro municipale di Fiume e realizza disegni per il Teatro nazionale di Bucarest. Comincia a "emanciparsi" dal linguaggio makartiano. In un bozzetto compare per la prima volta l'uso dell'oro.
Nel 1886 i fratelli Klimt e Matsch partecipano alla decorazione del Teatro municipale di Karlsruhe; insieme, realizzano il sipario che risente dell'influsso makartiano. Iniziano poi le importanti decorazioni dei due scaloni e del soffitto del Burgtheater di Vienna raffiguranti la storia del teatro; l'impresa durerà un biennio.
 

Nel 1887 lavora per il Burgtheater: realizza tra 1886 e 1888 L'altare di Dioniso, Il carro di Tespi, Il Teatro shakespeariano della scala destra, Il teatro di Taormina e L’altare di Apollo della scala sinistra. È considerato "l'erede" di Makart.
Nel 1888 completamento del Burgtheater. Realizza poi L'interno del vecchio Burgtheater con stupefacente realismo; dipinge Saffo. Riceve la croce d'oro al merito dall'imperatore Francesco Giuseppe.
Nel 1889 è un anno di transizione. Compie vari viaggi tra Venezia, Trieste, Monaco di Baviera. Realizza la prima versione dell’allegoria della Scultura.


Acqua in movimento, 1898
raccolta privata, New York

Studio per la Filosofia, 1898-99
Historisches Museum der Stadt Vienna

Nel 1890 vince il premio dell’imperatore per il dipinto L’interno del vecchio Burgtheater. Esegue il ritratto del pianista Josef Pembauer e lavora alle decorazioni per il Kunsthistorisches Museum di Vienna iniziate da Makart, realizzandone undici tra le quaranta dei pennacchi e degli intercolumni. Sono rappresentati temi storici dall'antico Egitto al Cinquecento. Nel 1891 continua le decorazioni del Kunsthistorisches e si iscrive all'Associazione dei pittori viennesi. Il Ministero per la cultura e l'istruzione lo incarica di preparare alcuni disegni per la decorazione dell'Aula Magna dell'Università di Vienna. Tra il 1890 e il 1892 va collocato Fanciulle con oleandro. Nel 1892 trasferimento nella Josefstädterstrasse 21 di Vienna nel rione VIII. Con il fratello realizza il manifesto per l'Esposizione internazionale di musica e teatro. Dopo i consensi per il Kunsthistorisches, i progetti del Ministero per l'Università si fanno più seri. Poco tempo dopo la morte del padre, il 9 dicembre muore anche il fratello Ernst.
 

Nel 1893 la sistemazione generale per l'Aula Magna dell'Università di Vienna è progettata da Matsch, che, insieme a Klimt, studia le nuove possibili soluzioni su proposta del Ministero. In Ungheria Klimt realizza per il principe Eszterházy un dipinto che raffigura L’interno del teatro nel castello Eszterházy e riceve la medaglia d'argento all’esposizione della Künstlerhaus. Inizia Studio di giovane donna (Marie Zimmermann) per il quadro Schubert al piano I.
Nel 1894 il progetto per l'Aula Magna dell'Università di Vienna viene approvato, mentre il connubio con Matsch entra in crisi. Esegue Ritratto di signora e il Ritratto di Marie Breunig, amica di Emilie Flöge, compagna di Klimt.
Nel 1895 ad Anversa gli viene assegnato un premio per L’interno del teatro nel castello Eszterházy. Dipinge Amore, La musica I, opere di chiara ascendenza simbolista, e il Ritratto dell’attore Josef Lewinsky. Conosce Hoffmann al "Siebener Club". Insieme a Matsch prepara i pannelli per l'Aula Magna dell'Università: a Klimt spetta la realizzazione de La Filosofia, La Medicina, La Giurisprudenza compresi i dieci relativi pennacchi. Utilizza per la prima volta il formato quadrato nel disegno Junius. Nel 1897 Ludwig Hevesi annuncia la fondazione della Secessione presieduta da Rudolf von Alt e di cui fanno parte Klimt, Engelhart, Moll. L'artista comincia a trascorrere l'estate ad Attersee e Wolfgangsee con la famiglia Flöge.


Giuditta I, 1901
Österreichische Galerie, Vienna

Il fregio di Beethoven

Nel 1898 esce il primo numero di "Ver Sacrum", la rivista della Secessione: Klimt è nel Comitato di direzione. Klimt progetta per la I mostra della Secessione il manifesto Teseo e il Minotauro, considerato immorale. Dipinge il Ritratto di Sonja Knips e Acqua mossa. La Commissione del Ministero critica i bozzetti per La Giurisprudenza e la Filosofia. Grazie a Whistler diviene membro della società londinese International Society of Painters, Sculptors and Engravers. L’industriale Nikolaus Dumba gli affida la decorazione della sala da musica del proprio palazzo.
Nel 1899 prosegue il lavoro dei pannelli per l'Università de La Filosofia e La Medicina nello studio di Josefstädterstrasse. Termina i lavori nel Palazzo Dumba ed espone Schubert al piano alla IV mostra della Secessione, ottenendo notevole successo. Esegue il Ritratto di Serena Lederer, la Nuda Veritas, il Ritratto di Trude Steiner e Pesci d'argento. Uso del "pointillisme" nei paesaggi.
Nel 1900 alla VII mostra della Secessione Klimt espone i primi paesaggi e La Filosofia (ancora incompleta), oggetto di feroci critiche a Vienna, che viene premiata come "miglior opera straniera" a Parigi, all’Esposizione universale. Dipinge anche Casa colonica con betulle.
 

Nel 1901 la X mostra della Secessione registra un enorme successo di pubblico e forti dissensi per La Medicina; l'avvocatura di Stato richiede il ritiro del numero di "Ver Sacrum" con i bozzetti dell'opera e la distruzione di tutti gli esemplari; la corte respinge l'istanza. Inoltre, La Medicina viene esposta e accolta freddamente anche all'VIII mostra internazionale di Monaco. Nel corso dell'anno realizza Giuditta I e Isola sull'Attersee.
Nel 1902 alla XIII mostra Klimt espone Pesci d'oro; per la XIV mostra, dedicata a Beethoven e allestita da Hoffmann, Klimt realizza su tre pareti il Fregio di Beethoven, che suscita ancora vivaci polemiche. Dipinge il Ritratto di Emilie Flöge e disegna alcuni modelli di abiti per la sua casa di moda. Conosce Rodin a Vienna. Nel 1903 compie un viaggio a Ravenna; nei suoi dipinti compaiono i primi motivi d'oro. Viene fondata la Wiener Werkstätte e Klimt vi aderisce con Hoffmann e Moser. "Ver Sacrum" termina le pubblicazioni alla fine dell'anno. Dipinge La Speranza I e continua i lavori per l'Università dedicandosi al terzo pannello per l'Aula Magna, La Giurisprudenza.
Nel 1904 Klimt presenta i suoi dipinti a Dresda (Pesci d'oro, Il cavaliere d'oro) e a Monaco (Turbine di morti). Riceve l'incarico per la realizzazione dei cartoni per i mosaici della sala da pranzo di Palazzo Stoclet, progettato da Hoffmann. Dipinge Bisce d'acqua I e Bisce d’acqua II.
Nel 1905 rinuncia all'incarico per l'Università e chiede la restituzione dei bozzetti. In maggio, a Berlino, espone La speranza I e le Tre età della donna. All'interno della Secessione si crea una scissione capeggiata da Klimt. Si dedica ai primi grandi ritratti femminili, come il Ritratto di Margareth Stonborough-Wittgenstein.


Giuditta II

Wasserschlangen I, 1904-07

Nel 1906 dalla scissione della Secessione nasce la Kunstschau o "Gruppo Klimt", di cui fanno parte, fra gli altri, Hoffmann, Moll, Roller, Wagner. Si reca a Bruxelles per i lavori a Palazzo Stoclet e in seguito a Londra. Dipinge il Ritratto di Fritza Riedler, il primo grande ritratto quadrato del "periodo d'oro".
Nel 1907 Klimt apporta le ultime modifiche ai pannelli per l'Aula Magna dell'Università presentati alla galleria Miethke a Vienna. Dipinge il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, Campo di papaveri e prende parte alla Mostra internazionale d'arte di Mannheim. Conosce Schiele.
Nel 1908 Espone a Praga La Giurisprudenza e altri quadri. Viene inaugurata, nel padiglione progettato da Hoffmann, la Kunstschau Wien, prima manifestazione pubblica del "Gruppo Klimt"; Gustav espone sedici opere. Dipinge la Danae, Il bacio, La Speranza II, lo Schloss Kammer sull'Attersee I, inizia Vita e morte.
 

 

 

Nel 1909 la Kunstschau Wien è dedicata all'arte straniera: sono presenti opere di van Gogh, Munch, Toorop, Gauguin e Matisse; Klimt espone Giuditta II. Dipinge Signora con cappello e boa di piume. Alla Wiener Werkstätte iniziano i lavori per i mosaici di Palazzo Stoclet. Klimt va a Parigi e a Madrid; espone alla X mostra internazionale di Monaco e alla XVIII esposizione della Secessione di Berlino.
Nel 1910 Klimt espone con notevole successo le sue opere dello "stile d'oro" alla IX Biennale di Venezia, tra le quali Madre con figli, Giuditta II e Cappello nero. Partecipa all'Esposizione della lega degli artisti tedeschi a Praga e alla mostra Zeichnende Künste della Secessione di Berlino. A Vienna la Galerie Miethke gli dedica una mostra esponendo soprattutto i disegni. Termina Il parco.


Danae, 1907-08
collezione privata, Graz

La danzatrice, 1916-18

Nel 1911 vince il primo premio all'Esposizione internazionale d'arte di Roma, ex-aequo con Zuloaga e Szinyei Merse, per Le tre età della donna; in questa occasione si reca a Roma e a Firenze; in seguito, a Bruxelles, Londra e Madrid. Viene montato il Fregio Stoclet.
Nel 1912 dipinge il secondo ritratto di Adele Bloch-Bauer, il Ritratto di Mäda Primavesi e il Viale nel parco dello Schloss Kammer. Partecipa alla Grande mostra di Dresda.

Nel 1913 a Budapest Klimt espone dieci dipinti e altrettanti disegni alla mostra della Lega degli artistiaustriaci. Durante una vacanza estiva dipinge Chiesa a Cassone sul Lago di Garda e Malcesine sul lago di Garda. Completa La vergine, che sarà presentata alla XI mostra internazionale di Monaco e partecipa alla III mostra della Kunsthalle di Mannheim. Nel 1914 espone alcune opere alla mostra della Lega degli artisti tedeschi a Praga; quindi si reca a Bruxelles. Dipinge Villa sull'Attersee e inizia il Ritratto della baronessa Elisabeth Bachofen-Echt. In Germania, per effetto delle teorie espressionistiche, cominciano le critiche ai suoi dipinti.
 

Nel 1915 Klimt abbandona momentaneamente i colori forti e dipinge il Ritratto di Barbara Flöge (madre di Emilie) e di Charlotte Pulitzer (madre di Serena Lederer) e alcuni paesaggi dell'Attersee (Unterach sull’Attersee). Nel 1916 si accentuano nuovi effetti cromatici. Klimt termina il Ritratto della baronessa Elisabeth Bachofen-Echt; dipinge il Ritratto di Friedericke Maria Beer, Il melo II, Case ad Unterach sull'Attersee e il Parco di Schönbrunn. Inizia Le amiche. Partecipa alla mostra degli artisti austriaci alla Secessione di Berlino insieme a Schiele, Kokoschka e Faistauer. Nel 1917 compie un viaggio nel nord della Moravia, poi in Tirolo e, alla fine dell'anno, in Romania. È nominato membro onorario dell'Accademia di Belle Arti di Vienna e dell'Accademia di Monaco. Termina Le amiche, dipinge Leda, inizia Signora con ventaglio, il Ritratto di Johanna Staude e la serie dei dipinti "filosofici": Adamo ed Eva, Neonato e La sposa rimasti incompiuti.
Nel 1918 l'11 gennaio, al ritorno dal viaggio in Romania, è colpito da un colpo apoplettico. Il 6 febbraio si spegne nell'ospedale di Vienna. Schiele lo ritrae sul letto di morte. Viene sepolto nel cimitero di Hietzing. Molte opere (La sposa) rimangono
incompiute.
Assieme a Le tre età della donna e a Giuditta II, il Ritratto di signora è uno dei tre dipinti di Klimt conservati in Italia. Pervenne alla sede odierna, la magnifica e poco nota Galleria d'arte moderna Ricci Oddi di Piacenza, nel 1925, allorché il collezionista Giuseppe Ricci Oddi l’acquistò dietro suggerimento di Giulio Ulisse Arata, un architetto già attivo nell’ultima fase del Liberty e indirizzato, negli anni Venti, verso un moderno ed elegante recupero delle forme storiche. Il Ritratto di signora di Piacenza fa parte di un gruppo di ritratti femminili eseguiti da Klimt negli ultimi anni della sua attività (1916-1918), alcuni dei quali rimasti incompiuti alla morte dell’artista: le altere e inaccessibili donne-idolo del "periodo d’oro; lasciano ora il posto a spigliate e argute donne moderne o a languide e distratte signore, come quella della collezione piacentina. Anche se il sanguinoso dramma della guerra mondiale sembra scalfire appena il sospeso e fiabesco mondo klimtiano, nei ritratti e nei molti disegni di questi anni il pittore dimostra una nuova attenzione per il volto e la sua espressività, con una caduta o almeno una estrema riduzione dell’elaborato contesto decorativo che, nelle opere precedenti, incastonava come gemme l’astratta ieraticità dei suoi personaggi femminili. Il trattamento energico e quasi inquieto avvicina alcuni di questi ultimi ritratti alla pittura fauve ed espressionista, di cui però Klimt coglie non la dirompente aggressività ma la novità della stesura rapida e sommaria, invariabilmente rielaborata all’interno di un quadro di seducente eleganza. Se Klimt giunge alle soglie dell’espressionismo, come in altre opere a quelle dell'astrattismo, senza tuttavia oltrepassarle, ciò non dipende da un’ignoranza delle contemporanee vicende internazionali, ma dalla scelta, cosciente e obbligata, derivante dalla struttura stessa della sua personalità artistica, sospesa tra tradizione e sperimentazione.


Le amichette, 1916-17

Vita e morte

Lo dimostrano altri ritratti femminili di questi stessi anni, nei quali una variopinta ornamentazione ancora investe, assieme al fondo, le figure: non più icone di una società paga dei propri riti, ma superstiti protagoniste di un mondo in declino alle quali Klimt affida l’estrema rappresentazione del proprio ideale, sostanzialmente ottocentesco, di raffinata bellezza. L’incompiuto e bellissimo Ritratto di Amalie Zuckerkandl (1917-1918) è forse l’ultimo a essere iniziato: la nobile signora, pur nella solennità della posa, ha ormai perso ogni altera sicurezza; nel suo sguardo stupefatto si legge come un vago smarrimento di fronte al crollo di un Impero, e del mondo che rappresenta, che si credevano eterni.
 

Vincitrice dell’ambito Premio dell’imperatore, L’interno del vecchio Burgtheater è l’opera che procura all’appena ventiseienne Klimt la notorietà e l’apprezzamento dell’ambiente ufficiale. Nel 1887 il Municipio di Vienna aveva incaricato Klimt e il suo collega Franz Matsch di immortalare in due dipinti l’interno del vecchio e glorioso Burgtheater, il quale, sostituito da un nuovo edificio che Klimt stesso stava in quegli anni decorando, doveva essere demolito. Mentre Matsch affronta il soggetto dipingendo una veduta verso il palcoscenico, Klimt rivolge il suo interesse alla platea e ai palchi così come appaiono visti dal proscenio: il vero soggetto del dipinto di Klimt non è né il teatro in quanto edificio né l’azione scenica, ma gli spettatori.


Allegorie Skulptur, 1889

Il bacio , 1907-1908

Con un realismo fotografico davvero impressionante, considerate anche le ridotte dimensioni del dipinto, Klimt esegue un grandioso ritratto collettivo dell’alta società viennese, in cui più di cento personaggi reali sono fedelmente effigiati, come conferma un’incisione che ne indica i nomi. Dall’amante dell’imperatore (un’attrice) a note personalità della nobiltà e dell’alta borghesia, il pubblico del Burgtheater si riconosce e si celebra nel dipinto, ostentando il proprio ruolo storico-sociale e rappresentando se stesso. Comparire nel dipinto di Klimt significava far parte dell’élite culturale austriaca: il pittore ricevette molte pressioni da parte di diverse persone che ambivano a essere ritratte tra il pubblico, così come, all’interno del quadro, attentamente studiati sono i posti che ciascuno spettatore occupa.

 

Il teatro, e il Burgtheater in particolare, rappresentava per Vienna un’autentica istituzione sociale prima ancora che artistica: quella viennese è una società appassionatamente dedita al teatro, in cui il vero spettacolo è il pubblico. D’altronde il gioco delle maschere, da Schnitzler a Hofmannsthal, è tema costante nella letteratura austriaca di fine secolo: il Burgtheater, come scrisse Stefan Zweig, "per i viennesi, e per gli austriaci, era qualcosa di più di un luogo dove gli attori andavano in scena. Era il microcosmo in cui si rifletteva il macrocosmo, lo specchio colorato in cui la società si rimirava. Per il pubblico l’attore di corte rappresentava il modello di come vestirsi, di come fare l’ingresso in una sala, di come conversare, di quali parole potessero essere usate da un signore di buon gusto, e di quali fossero da evitare. Il teatro, invece di essere un luogo di puro divertimento, diventava una guida vivente di buone maniere, di pronuncia corretta, e un’aura di rispetto circondava tutto quello che poteva avere anche la più remota attinenza con il Burgtheater. Splendido ed esangue, il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I è l’opera più sensazionale del "periodo d’oro" di Klimt e uno dei suoi capolavori in assoluto. L’effigiata, moglie di un facoltoso banchiere e industriale viennese e animatrice di un salotto letterario frequentato anche da Stefan Zweig, è l’unico personaggio che Klimt abbia ritratto più di una volta: in quest’opera del 1907 e cinque anni più tardi, quando proprio con il Ritratto di Adele Bloch-Bauer II, ormai concluso il "periodo d’oro, inaugura una nuova stagione, cromaticamente accesa e fiorita, della sua attività artistica.


La Medicina

Der Stocletfries, 1905-09

I Bloch-Bauer possedevano diversi importanti dipinti di Klimt, tra i quali Bosco di betulle, Schloss Kammer III, Il melo I e Case a Unterach: tutte opere che, nel 1948, sono state generosamente donate all’Österreichische Galerie assieme ai due superbi ritratti di Adele. Forse la bella e colta signora ebrea ebbe una relazione con il pittore; e forse la medesima Adele è la modella della sensuale Giuditta I, della quale, nel ritratto del 1907, sembra indossare lo stesso grande collare barbarico.
L’abbagliante e sontuoso ritratto del 1907 non nasce di getto: Klimt vi lavora fin dal 1903, studiando la posa della sua modella e soprattutto concentrandosi sull’effetto decorativo prodotto dalle fluenze dell’abito. Il risultato finale è tuttavia assolutamente inatteso: un’astratta superficie rutilante di decorazioni auree in cui del corpo di Adele sopravvivono di reale solo le mani e il volto. Nella sua inedita fusione di barbarie e raffinatezza, il Ritratto di Adele Bloch-Bauer attinge motivi e simboli da civiltà antiche e lontane: da Bisanzio, innanzitutto; ma anche dall’Egitto, da cui deriva l’"Ugiat", occhio sacro e fonte di fluido magico, di cui è composto l’abito di Adele.

 

La profusione dell’oro, nelle sue varie tonalità opache e brillanti, intesse intorno alla figura una nicchia in cui l’individualità è protetta ed esaltata, fissando l’immagine nel prezioso distacco di una sacrale ieraticità: come una sensuale e sublimata icona, Adele emerge inattingibile dai metallici bagliori di un ambiente sfarzosamente astratto. Nel delirio dei quadrati, delle ellissi, delle spirali Klimt celebra, a un passo dalla pittura astratta, la funzione magica e assoluta dell’ornamento. All’oro spetta il ruolo di operare la simbolica sintesi tra astrazione e organicità, tra vita e sedimentazione, tra l’assoluto della forma geometrica e la transitorietà delle signore dell’alta borghesia viennese. Presso gli egizi, l’oro conferiva sopravvivenza divina: forse inconsciamente, alle soglie della dissoluzione dell'Impero asburgico, Klimt lo riesuma dalle civiltà estinte per eleggerlo a estremo baluardo di una civiltà in rovina. Come ha scritto con il consueto acume Giulio Carlo Argan, "in una profusione di ornati simbolici, ma del cui significato s’è perduta anche la memoria, Klimt sviluppa i ritmi melodici di un linearismo che finisce per ritornare al punto di partenza e chiudersi su se stesso; e li accompagna con le delicate, malinconiche armonie dei colori spenti, cinerei, perlacei, con morenti bagliori d’oro, d’argento di smalto. Vivendo con estrema sensibilità quella situazione tipicamente austriaca Klimt tocca quasi senza volerlo il punto nevralgico di una situazione ben più vasta, europea: l’arte è il prodotto di una civiltà ormai estinta, nella nuova civiltà industriale non può sopravvivere che come ricordo di se stessa". Nell’opera di un pittore dedito, come Klimt, alla celebrazione della donna e dell’eros attraverso l’uso privilegiato di un colore altamente simbolico quale l’oro, non poteva mancare la raffigurazione del mito di Danae.


Sonia Knips, Vienna

Foresta, Dresda

Danae era l’unica figlia di Acrisio, re di Argo. L’oracolo di Delfi predisse al re che non avrebbe avuto altri figli oltre Danae, e che il figlio di questa gli sarebbe stato fatale. Acrisio fece quindi costruire nel cortile del suo palazzo una stanza di bronzo sotterranea come una tomba, nella quale rinchiuse Danae, con una nutrice, affinché non potesse generare. Ma fu lo stesso re degli dèi che desiderò la ragazza: sotto forma di pioggia d’oro, Zeus penetrò attraverso il tetto nella stanza sotterranea, e fecondò Danae. La tomba divenne camera nuziale e dall’unione nacque Perseo. Il tema di Danae aveva, in pittura, celebri precedenti nell’opera di grandi maestri: dal fiammingo Mabuse al Correggio fino alle varie versioni dipinte da Tiziano (una delle quali conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna).

Klimt affronta il soggetto in maniera assai diversa: la sua Danae non è una giovane donna consapevole e, in un certo senso, partecipe del miracoloso evento, ma una fanciulla persa nel sonno e nella dimensione onirica, totalmente dimentica di sé e in balìa dei propri istinti sessuali. Ogni aspetto narrativo è assente, tutto si concentra sull’unico eterno momento della fecondazione: all’interno del formato quadrato del dipinto, la straordinaria corrente erotica assume un andamento ellittico; nella posizione fetale e nei tratti infantili della ragazza circola una sensualità dolce e appagata, quasi un desiderio prenatale di un erotismo dimentico e inconscio. Oro ed eros, in Danae, si congiungono e si cristallizzano nelle forme di un capolavoro fuori del tempo: "L’eros diventa icona", come ha scritto Werner Hofmann. In nessun altro dipinto di Klimt la donna è così interamente identificata con la propria sessualità, una sessualità da cui l’uomo è escluso. Il principio maschile, ridotto in Danae al piccolo rettangolo nero confuso nella cascata della pioggia d’oro, apparirà con più corposa evidenza in un altro dipinto ispirato agli amori di Zeus, Leda. Ma, anche qui, la protagonista è persa in un inconscio e passivo stato di dormiveglia: e non è inutile ricordare che, all’inizio del secolo, il medico viennese Sigmund Freud aveva pubblicato L’interpretazione dei sogni. Il popolare Amore è la versione dipinta di uno dei disegni eseguiti da Klimt per la seconda serie di Allegorien und Embleme, una pubblicazione di lusso apparsa tra il 1895 e il 1900 nella quale erano illustrati, secondo una visione tipicamente ottocentesca, tutti gli aspetti dell’esistenza che suscitano nell’uomo gioia e vitalità, dai sentimenti all’"inesauribile sfera delle arti e delle scienze, e del lieto ciclo delle stagioni con i loro allegri divertimenti".


Le tre età della vita, Roma

Margaret Stonborough
Wittgenstein

Per dar forma all’astratto concetto di Amore, Klimt raffigura un’estatica coppia di innamorati nell’atto di baciarsi. Dal fondo nebbioso della scena, però, emerge un’inquietante schiera di volti femminili, alcuni giovani e suadenti, altri torvi e appassiti, e dietro a tutti un macabro teschio: apparizioni o visioni che alludono all’inesorabile brevità del ciclo della vita e, al tempo stesso, alle difficili prove e alle forze avverse che l’amore deve superare e combattere per preservare la propria effimera felicità. È la prima volta, nell’opera di Klimt, che compaiono contemporaneamente l’elemento reale (la coppia) e quello allegorico (i volti) fusi in un’unica scena veristico-simbolica. Il carattere oleografico, ai confini del Kitsch, del dipinto è riscattato dalla magnifica fattura e ancor più dall’originale rapporto che si viene a creare tra la scena centrale e l’ampia cornice d’oro. Questa, che occupa quasi la metà dell’intero dipinto, è concepita come una sorta di sipario che stabilisce una scenografica tensione formale tra i suoi brillanti spazi vuoti e l’oscura scena centrale, i cui protagonisti si presentano come attori su un ideale palcoscenico. Le rose sulla cornice, di breve fioritura come l’amore, fungono da legame formale e simbolico tra le tre fasce in cui l’opera è verticalmente spartita.

 

Il teatrale uso della cornice a fini simbolici non era infrequente nell’arte di fine secolo: basti citare le opere grafiche di Klinger, un autore che Klimt sicuramente conosceva e apprezzava. Ciò che invece rappresenta una novità klimtiana, destinata a essere sviluppata ampiamente nella sua opera matura, è l’uso dell’oro come colore emblematico e privilegiato. Già utilizzato qualche anno prima nel Ritratto del pianista Pembauer e nel contemporaneo Ritratto dell’attore Lewinsky, l’eloquente uso dell’oro nella cornice tornerà in altre opere klimtiane di poco successive come Pallade Atena, Nuda Veritas e Giuditta I; e dopo aver invaso, all’insegna di sontuoso preziosismo simbolico-decorativo, l’interno del quadro nei capolavori del cosiddetto "stile aureo", avrà un’ultima, superba celebrazione nell’incorniciare Giuditta II.  "Una femmina snella e flessuosa, fuoco insinuante negli occhi misteriosi, la bocca crudele e le narici frementi di voluttà": così Felix Salten descrive Giuditta I. Sulla cornice di rame sbalzata, opera del fratello Georg, è impresso il suo nome accanto a quello di Oloferne: Giuditta infatti è la biblica eroina che sedusse e decapitò Oloferne per salvare Betulia, la sua città; per questo assurse a simbolo di virtù femminile, ma anche del debole che ha ragione del forte e divenne motivo ricorrente nella cultura figurativa occidentale: lo stesso Klimt ne produrrà due versioni.


Danae, Graz

Ritratto di Fritza Riedler, Vienna

Dai vaghi accenni d'inquietudine di opere come Signora con collo di pelliccia e dalle atmosfere ancora un po' sopite di Signora davanti al camino, nei dipinti di Klimt cresce rapidissima la volontà di scandagliare la psicologia di una femminilità decisamente moderna: intenso e magnetico è il Ritratto frontale di signora, quasi patologici appaiono i tratti di Testa di ragazza fino a toccare l'apice in questo dipinto. La modella è forse Adele Bloch-Bauer, e appare trasfigurata rispetto al più tardo ritratto: la passione trasforma i delicati tratti di colei che, forse, fu anche l'amante del pittore. Intense saette di luce accendono lo sguardo di Giuditta, versione desacralizzata e mondana di Pallade Atena, della quale conserva sulle spalle scaglie metalliche e dorate, che preannunciano lo "stile aureo" e fanno emergere con maggiore evidenza l'opalescente pallore delle sue carni. Gli alberi, il paesaggio stilizzato alle sue spalle e l'ornamento a palmette o rosette derivano probabilmente dalla conoscenza dei motivi decorativi micenei e della necropoli del Dipylon, mediata dalle illustrazioni riportate da Alois Riegl in Questioni di stile del 1893.

La donna è simile a una sirena che magnetizza lo sguardo dello spettatore proprio con la sua bellezza e ambiguità: se da una parte è la vendicatrice trionfante che mostra la testa decapitata dell'uomo, dall'altra Giuditta stessa appare come decapitata dall'effetto del prezioso ornamento che porta al collo, il quale torna in maniera piuttosto simile nel ritratto di Rose von Rosthorn-Friedmann e di Adele, ma anche nella sacerdotessa di Medicina, simbolo di una femminilità che rivolge lo spirito distruttore anche contro di sé. Naturalmente Giuditta scioccò la "bempensante" Vienna; nonostante ciò, Hodler, artista e uomo dallo spirito libero, decise di acquistarla quasi immediatamente.


Giardino con girasoli, Vienna

L'attesa, Palazzo Stoclet
Bruxelles

Dopo il clamoroso successo alla Biennale di Venezia del 1910, l’anno successivo l’arte di Klimt giunge a Roma in occasione delle roboanti celebrazioni del cinquantenario dell’Unità d’Italia, nell’ambito delle quali ha luogo, a Valle Giulia, una grande esposizione internazionale di Belle Arti organizzata in padiglioni dedicati ai vari paesi partecipanti. Vincitore del primo premio, Klimt conosce a Roma un nuovo trionfo, cui contribuiscono non poco l’assai lodato padiglione austriaco progettato da Hoffmann in raffinate e semplificate forme classiche, e il sacrale allestimento delle tele nell’abside semicircolare che, come in un rituale percorso iniziatico, conclude il padiglione espositivo.

È in questa occasione che lo Stato italiano acquista Le tre età della donna, nel quadro di una non troppo lungimirante politica di acquisizioni di opere d’arte straniere destinate ad arricchire le collezioni della Galleria d’arte moderna: assieme al dipinto di Klimt, che rappresenta la scelta migliore, e ad altre valide opere, come Oreste e le Erinni del celebrato von Stuck, si registra infatti una serie di incauti acquisti destinati, col tempo, a essere relegati nei depositi. Anche a Roma, come già a Venezia l’anno precedente, si levano voci discordi da parte della critica. Tra i commentatori più autorevoli e severi vi è Emilio Cecchi, che individua con acume la sostanziale duplicità dell’arte klimtiana: "Si prova l’impressione, nell’abside che a Klimt è stata dedicata, di camminare in un lembo tutto fiorito (Il bacio), sommerso dalla foga di una primavera che irrompe sotto un cielo d’oro. Ma, a un tratto ci si accorge di trovarsi in un cimitero (Vita e morte), per un sogghignare di teschi e qualche chiazza di macabri disfacimenti fra l’erba tutta stellata, sì che un diaccio funebre si mesce nell’aria colorata e festosa e la fa raggelare. Se non che, a un esame più attento, si vede che i teschi son di cartone e le anatomie di cera dipinta. Quest’arte che vuole essere pittura non è che vetreria e mosaico; vuole essere lirica immensa ed è ricamo, ed evoca le cose più grandi: la Morte, il Rimorso, l’Amore, tanto per trovare il pretesto di dire le più mediocri. È la pittura ricondotta nel caos". Tra le opere più note del "periodo d’oro" di Klimt, Le tre età affida il suo trasparente significato simbolico ai raffinati geometrismi decorativi che avvolgono le tre figure; la resa figurativa, forse un po’ leziosa e scontata, è pienamente riscattata dallo straordinario fondo astratto, una vibrante superficie chiusa da un’ampia fascia nera nella quale si incastra il pullulante cromatismo della scena centrale. La figura della vecchia, analoga a quella che compare nella Giurisprudenza, è probabilmente ispirata a una nota opera di Rodin, La Bella Elmiera, che Klimt aveva assai apprezzato alla mostra dello scultore francese tenutasi alla Secessione viennese nel 1901. Apice del "periodo d’oro" ormai prossimo alla conclusione, Il bacio è indubbiamente l’opera più popolare di Klimt: acquistato alla Kunstschau del 1908 dalla Galleria di Stato, già all’epoca era ritenuto il massimo capolavoro dell’artista.


L'albero delle mele, Vienna

Schloss Kammer sull'Attersee

Il tema della coppia persa nell’inebriante unione amorosa non è certo nuovo per Klimt: dal giovanile Amore, ancora sospeso tra realismo e allegoria, alla scena conclusiva del Fregio di Beethoven e all'Abbraccio del Fregio Stoclet, immagini ormai appartenenti a una sfera mitico-simbolica indipendente dalla realtà. Anche gli elementi formali e compositivi del Bacio sono già stati ampiamente sperimentati da Klimt in opere precedenti: dallo schema piramidale al fondo d’oro, dalla decorazione astratto-geometrica al trattamento simile al mosaico. Ciò che rende il Bacio un’autentica e splendida summa dell’arte di Klimt fino a quel momento, è il perfetto equilibrio con il quale i diversi aspetti del suo linguaggio vengono a comporsi: un equilibrio perfetto, ma al tempo stesso precario e sottile, tra il naturalismo dei volti e delle mani e l'astrattismo delle vesti, tra l’assolutezza del fondo d’oro e il brulicante prato fiorito, tra la forte carica erotica e il potente afflato cosmico.

 Isolati dal mondo in un abbraccio che è fusione sensuale e spirituale al tempo stesso, gli amanti del Bacio celebrano il trionfo del potere risolutore dell’eros, in grado di ridurre in estatica armonia i conflitti tra uomo e donna e tra persona e natura. Alla differente decorazione delle vesti dei due amanti, modulata sulle varie tonalità dell’oro, è affidato il ruolo di segnalare, all’interno della cosmica unione, l’irrinunciabile diversità dei sessi: secondo un codice simbolico ampiamente diffuso le forme dure e angolose, quali i rettangoli eretti, sono connaturate al mondo maschile; quelle morbide e curvilinee, quali i cerchi concentrici, al mondo femminile. Nella sua utopica visione della pittura come strumento di miracolose armonie, Il bacio è un’autentica sintesi estetica della cultura " fin de siècle", con tutte le sue illusioni e le sue profezie, i suoi limiti e le sue conquiste.

Lo notava bene un critico che, nel 1909, scriveva a proposito dell’arte di Klimt: "Tutte quelle cose che si sono chiamate impressionismo, divisionismo, pointillismo, preraffaellismo, simbolismo e che so io, tutte finiscono e si concentrano qui, e tutte fanno la figura di discussioni retoriche, di piccole quisquilie scolastiche d’un genere nuovo, punto migliore dell’antico, di fronte a questa sistesi estetica del concetto modernista". I "concetti modernisti", che avevano affidato alla decorazione un ruolo chiave nella trasformazione della società, stavano però mostrando sempre più la loro inattuabilità: nello stesso 1908, l’architetto viennese Adolf Loos pubblica il celebre saggio Ornamento e delitto, in cui condanna ogni tipo di decorazione sulla base di motivazioni estetiche, etiche ed economiche. E lo stesso Egon Schiele, entusiasta allievo e ammiratore di , solo qualche anno dopo dipingerà quella disperata caricatura espressionista dell’estatico Bacio klimtiano che è Cardinale e suora.

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