Agenore Fabbri
Barba, Pistoia, 1911 - Savona, 1998
 

Formatosi alla pratica della ceramica ad Albisola, esordì con una scultura drammaticamente narrativa, dai forti caratteri espressionisti, in cui è avvertibile anche l'influenza della plastica popolare toscana (le donne, le madri, gli animali feriti e le risse, ceramiche e terracotta policrome, 1947-55).


Rissa
Torino, 1951

Lotta (1953)

Solo nel 1947 la sua forte individualità si definisce nel segno di un'esasperata drammaticità, di un furore rabbioso espresso dalla modellazione convulsa e dilacerata che desse alle sue terrecotte e quindi dei suoi bronzi. Il sentimento tragico di lui non si limita alle immagini umane, alle sue donne atterrite dalla violenza degli eventi naturali (Uragano, 1950), oppure in attesa presaga di angoscia e di morte (Attesa, 1975), alle sue maschere urlanti e disperate (Personaggio, 1979), ma coinvolge anche ogni specie di esseri viventi, di belve, di lupi, di cani ringhiosi, di gatti feriti o inferociti con gli umani (Colloquio, 1972 e Figura con gatto, 1975) fino agli Insetti atomizzati, testimonianze crudeli e strazianti di un mondo sotto l'incubo delle deflagrazioni atomiche.

 

Solo nelle ultime opere sembra schiudersi alla speranza nel riconoscimento della dignità dell'uomo :"Io credo nell'uomo, è un animale razionale" affermò.

 

 

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