Castellari Enrico

 

Enrico Castellani

 

 

 

Nasce in un piccolo paesino del Veneto, Castelmassa in provincia di Rovigo, nel 1930.
Compie gli studi medi a Novara ed a Milano. Nel 1952 si trasferisce a Bruxelles dove studia pittura e scultura all'Accademie Royale des Beaux Arts. Nel 1956 si laurea in architettura all'Ecole Nationale Supérieure de la Cambre.
Dopo aver compiuto i suoi studi in Europa approda a Milano nel 1956. Nel 1959 fonda a Milano con
Manzoni la rivista e l'omonima Galleria Azimuth, "che, parallelamente alla omonima galleria d'arte, ospita la sperimentazione artistica tesa al superamento dei limiti tradizionali del "quadro dipinto". Appartengono a questo periodo i lavori monocromi: olii e tempere su tela, olii e fili su tela, tempere e fili su tela piegata e imbottita dal retro"; esordendo nell'ambiente artistico con un impegno non solo teorico ma anche organizzativo. Negli stessi anni partecipa ai gruppi "Zero" e "Nul". In particolare stringe rapporti di amicizia e collaborazione con Piero Manzoni, con il quale forma un sodalizio artistico che incuriosiva i commentatori dell'epoca per il contrasto tra le loro personalità: tanto era vulcanico, scapigliato e giocoso Manzoni quanto Castellani era serio, distinto e riflessivo. Rapporti fruttuosi di scambio culturale vengono intrattenuti anche da Castellani con Agostino Bonalumi e Lucio Fontana. Dopo prime esperienze di carattere informale, ispirate all'action painting americana e soprattutto da Mark Tobey, riconoscendo questo tipo di arte come maturo per un superamento, elabora con la collaborazione alla rivista Azimuth da lui fondata insieme a Manzoni, un nuovo inizio, che propone l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente, basato su un nuovo patto con il progresso sociale.

Tale azzeramento viene realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l'utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche) estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l'inclinazione della sorgente luminosa. Si trattò di un'esperienza del tutto originale e considerata di fondamentale importanza nella storia dell'arte astratta del novecento, non solo per quanto riguarda la scena italiana, ma soprattutto di quella internazionale, la cui eco influenzò ed ispirò Donald Judd che in un articolo del 1966 definì Castellani padre del minimalismo.

Se Piero Manzoni scelse come materiali prediletti il caolino e il cotone per i suoi celeberrimi "Achromes", Castellani e Agostino Bonalumi avviarono un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall'estroflessione della tela mediante l'utilizzo di chiodi, centine e di sagome di legno e metallo inserite dietro la tela.

 


Superficie nera 1959
Monocromo a tempera


Superficie bianca 1968
Monocromo a tempera
Galleria d'Arte Moderna, Bologna

Trittico (argento) 1966
Tre monocromi
Foto C. Chiavacci, Pistoia

Superficie grigia

 

Risale al 1959 Superficie nera, il primo quadro ottenuto con introflessioni ed estroflessioni del tessuto mediante un sistema di spinte esercitate sulla tela da chiodi fissati ad un particolare telaio preparato dall'artista. Bruno Corà nel catalogo della mostra a Palazzo Fabroni (Charta, 1996) definisce quest'opera «(...) la prima costellazione della nuova arte, puntiforme, integra, spazialmente evoluta, determinata linguisticamente, reversibile nella considerazione degli elementi posti in relazione, autonoma visualmente, differente da tutto. Opera disciplinare ma estranea alla Pittura o alla Scultura propriamente dette, essa reca gli stessi elementi impiegati in quelle forme da secoli.

 

C'è la tela e il telaio, c'è un colore che la copre, ci sono i chiodi che da sempre serrano sui fianchi e vincolano la tela al telaio. Ma qui tutto è diversamente impiegato. I chiodi bucano la tela in ogni parte della sua superficie, ma il foro è esattamente lo spazio che la testa del chiodo copre e sutura. La tela non è più "superficie" uniforme ma volge al "rilievo" discontinuo, quotata a sbalzi difformi tra loro, essenzialmente priva di rappresentazione pittorica. Il colore, infatti, monotamente e monocromaticamente la copre tutta. (...)»


La prematura morte di Piero Manzoni sancisce la fine dell'impegno pubblico di Castellani e determina l'inizio di una vita solitaria e discreta nel segno della coerenza poetica.
In pochi anni Castellani esaurisce l'esperienza informale, dal 1958 al 1959, in seguito sceglie di sondare le potenzialità della superficie della tela in massima tensione ed inventa un metodo tecnico e poetico che sarà la sua cifra costante e rigorosa.


Superficie bianca - Dittico
2008 acrilico su tela, 250x300 cm


Superficie argento
2008 acrilico su tela, 150x120 cm

Dal 1963 al 1970 la poetica della superficie cede il passo all'oggetto e la sua attenzione si pone allo studio delle articolazioni formali della superficie: tele sagomate, angolari, dittici e trittici.
Nel 1966 consegue il premio Gollin alla Biennale di Venezia. Da quell'anno in poi le ricerche artistiche di Castellani puntano al coinvolgimento dello spazio.
Negli anni ' 80 e ' 90 il suo lavoro continua a svilupparsi nell'ambito dell'estroflessione definendo ciò che la critica ha chiamato "ripetizione differente".

 

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