ARTE E INFORMAZIONE

Arte e informazione  
 

L'informazione è la grande rivoluzione dell'ultima parte del secolo: plasma di sé ogni rapporto sociale, sovvertendo, falsando, manipolando, guidando e asservendo tutto ciò che può servire al sistema politico, economico e sociale. 
L'azione dell'artista è problematica, è un grido che non solo rischia di essere soffocato o fagocitato dal sistema, ma anche di passare inosservato agli occhi delle masse distratte, indifferenti a problemi di ordine non materiale, condizionate da voci ben più potenti portate sin dentro le case. 
Dopo l'orrore della guerra, il fervore solidale della ricostruzione subito sfociato nella ripresa delle vecchie logiche, mai abbandonate del resto, del profitto e del potere, che ricevono una spinta inaudita con il boom economico e il progresso tecnologico in crescita esponenziale, si afferma in tutto il mondo occidentale un sistema di vita, sociale e produttivo, basato sul consumo e sulla creazione della necessità del consumo nelle masse per incrementare la produzione esistente o permettere nuove produzioni, sino a giungere, in condizioni di raggiunta saturazione del mercato, alla produzione di merci immesse e assorbite nei circuiti del consumo non più per la loro diversità e necessità, ma solo per la loro novità. 
In questo contesto appare giustificato e significativo di una esigenza morale che diviene una delle direttrici guida dell'arte contemporanea, il comune denominatore essenzialmente etico presente in tutte le tendenze artistiche dell'ultimo l900, costituito dal rifiuto da esse operato di praticare l'arte come produzione di un bene di consumo che possa significare una accettazione di un sistema sociale, politico ed economico che si dimostra capace di distruggere e calpestare tutti i fondamentali diritti dell'uomo, annientare la volontà del singolo, produrre guerre, strategie terroristiche e di tensione, sfrontate e vergognose sperequazioni delle risorse mondiali. 
Il rifiuto dell'oggetto d'arte come bene destinato a soddisfare il piacere estetico della borghesia, in qualsiasi forma essa vada evolvendosi, sino alla nuova borghesia di massa (una massa sempre privilegiata rispetto ad immense aree del mondo depresse e sottosviluppate) è totale e sta alla base dello spostamento del centro di interesse dell'arte dalla rappresentazione alla ricerca, dall'idea dell'arte a quella dell'artista, privilegiando cioè non il prodotto d'arte, ma il fare arte nei modi che la storia culturale e sociale impone. 
La nuova condizione di libertà in cui si viene a trovare l'arte che incarna non tanto il bisogno di cambiare la realtà ma più radicalmente di sostituirla totalmente con un'altra più vicina alle esigenze calpestate di verità e autenticità, ha inoltre aperto la strada sia ad un nuovo modo di rappresentare la realtà, e di organizzare la forma, che alla ricerca di nuovi significanti, spesso di carattere e di valore tautologici, i quali come nella musica, non rappresentano qualcosa, ma solo se stessi e acquistano senso e significato nella particolare costruzione sintattica spazio-temporale degli elementi, oggetti, materia, colore, luce, spazio, che entrano in gioco. 
I tradizionali mezzi dell'espressione artistica trovano nuovi e rivoluzionari modi di confrontarsi con la realtà; successivamente la trasformazione coinvolge e sconvolge non solo l'immagine, ma gli stessi mezzi che la producono o che si rifiutano di riprodurla producendo invece innanzitutto se stessi; e infine il processo d'inarrestabile esplorazione di ogni terreno di possibile azione si rivolge allo stesso artista, lo costringe a porsi domande riguardanti non più il come fare, ma il perché fare e il cosa fare, a chiedersi quali siano le linee di demarcazione dell'arte e della vita, i confini del linguaggio artistico, a mettere in dubbio l'autorità esclusiva dell'immagine e della materia quali unici strumenti linguistici dell'arte introducendo nuovi segni quali l'elaborazione concettuale, l'azione temporale, ecc. 
L'urgenza di stabilire un rapporto più diretto con un pubblico che è sempre più necessario coinvolgere per poterne catturare l'attenzione distratta, ha naturalmente portato ad una proiezione dell'opera verso lo spettatore-fruitore, nell'ambiente in cui sia l'opera che lo spettatore si trovavano, o in quello in cui questi vive la sua vita di tutti i giorni, l'habitat. L'ambiente e il territorio divengono cosi entità sulle quali si può agire per compiere operazioni estetiche atte più del prodotto tradizionale a mettere in contatto artista e pubblico. Divengono nuovi mezzi operativi dell'artista, nuovi media specifici dell'arte. 
La naturale evoluzione di questo processo giunge ad una nuova concezione non solo dei modi e dei mezzi particolari di espressione dell'Arte, ma dell'Arte stessa nella sua essenza, ponendo una problematica ontologica che ha spostato l'interesse, come abbiamo detto,  dal fare all'essere e che è tipica delle più avanzate tendenze contemporanee. 
Mettendo in secondo piano l'oggetto d'arte, il prodotto rispetto al progetto che sta all'origine dell'atto creativo,  si promuove tutto il reale e il fenomenico al rango dei possibili media dell'arte. Tutto ciò che è e che accade, compreso il pensiero, anzi questo in primo piano, può essere utilizzato dall'artista nel compito che ha deciso di assolvere. 
Tali mutamenti sono strettamente legati al trasformarsi della società contemporanea, sentiti come necessità che scaturisce dal rapporto interattivo con l'ambiente sociale, politico, economico, come ha ben rilevato Gillo Dorfles: "Nel considerare le trasformazioni verificatesi nell'arte d'oggi non è possibile prescindere da un'occhiata, almeno, rivolta al mondo che ci circonda, all'attuale aspetto della nostra civiltà: come non tener conto della necessaria interdipendenza tra l'arte e l'industria, tra l'arte e la scienza, tra l'arte e la linguistica? Come pretendere che l'artista possa continuare a creare non tocco da quello che vede e sente di continuo attorno a sé e che per la maggior parte è costituito non già da elementi "naturali", come nei tempi antichi, ma da elementi artificiali? Come non considerare ovvio che l'artista tragga motivo di spunti formali dagli oggetti prodotti dall'industria, dalle macchine? Quando vediamo includere in una opera d'arte - come in quelle di Rauschenberg - delle bottigliette di Coca-Cola o un appendipanni di fil di ferro, potremo trovare qualcosa a ridire, riflettendo al valore di segno e di emblema implicito in codesti oggetti? Sempre di più l'atmosfera, la forma, il colore, creati dalle immagini plastico-cromatiche che ci circondano, dalle nuove lampade stradali, dal colore d'una carrozzeria, dalla luce filtrata attraverso una cupola in plexiglas, dai serbatoi e dalle serpentine d'una grande distilleria finiscono per riflettersi sulle ideazioni pittoriche e plastiche dell'artista moderno. Mentre, d'altro canto, sempre di più la coscienza dei danni prodotti dalla tecnologia, dall'inquinamento, dagli impianti nucleari, ecc. determina un processo di reazione e di rivolta, contro i pericoli e le minacce d'un capitalismo trionfante e d'un consumismo asservitole, e spinge all'ideazione di forme d'arte anoggettuali e ideologicamente sovvertitrici". 
Non si tratta naturalmente di un semplice assorbimento di riflesso della situazione esterna e neppure di una pura e semplice rivolta. L'artista si è appropriato della scienza, delle teorie di comunicazione di massa, conosce perfettamente il mondo in cui vive e tende non solo a rivelare la verità, ad opporsi ai fenomeni che sono contrari alle sue concezioni etiche e morali, ma anche ad agire nella realtà, ad essere operatore che trasforma la società trasformando le esperienze estetiche e non solo estetiche del pubblico. Tutte le forme di coinvolgimento diretto dello spettatore utilizzate e provocate dall'arte programmata, dall'arte ambiente, dalla body art, dall'arte ecologica, dalla performance, ecc., obbediscono a questa necessità. 
E' senza dubbio in buona fede che gli artisti perseguono le loro ricerche, ma non è altrettanto certo che esse abbiano un effetto sulle esperienze della masse se non molto indirettamente e attraverso tutt'altri canali che quelli del rapporto diretto artista-pubblico. La ricerca è necessariamente sempre più complessa e impopolare, si avvale sempre più di una somma di esperienze culturali precedenti considerate come base di partenza per l'elaborazione attuale; può essere di conseguenza compresa solo da chi possiede l'informazione culturale necessaria. Il pubblico medio difficilmente comprende, privato com'è della minima informazione estetica che non ha ricevuto da una carente istituzione scolastica, l'unica che potrebbe efficacemente svolgere tale azione tra i futuri destinatari dei prodotti dell'arte. 
Il pubblico è sempre più lontano dall'arte, tranne che nei casi di proposte celebrative e di riflusso, grazie anche ad una politica culturale pubblica incapace di fornire le strutture che permettano di seguire il cammino dell'arte comprendendo le ragioni profonde del suo evolversi. 
I prodotti dell'arte moderna sono accettati dal pubblico come oggetti misteriosi che appartengono ormai al proprio tempo, un po' come si accettano e si usano tutti gli altri prodotti del sistema, di cui non si conoscono neppure i principi più elementari di funzionamento, ma che è normale ormai avere attorno a sé come presenze consuete, con tutto il loro diritto, spesso prepotente, di essere. 
A una tale situazione non è raro che il pubblico reagisca con un rifiuto totale, che si verifica soprattutto nei fruitori meno informati. Questa larga parte di pubblico, più numerosa di quanto non si possa immaginare, continua a rivolgersi ai sottoprodotti più scadenti e anacronistici dell'arte che non possono non produrre tra l'altro effetti deleteri di sottrazione del mercato alle aree di produzione più qualificate, limitandone anche le possibilità di espansione. 
Come osserva ancora Dorfles, l'avanguardia non è più emarginata e senza potere come in passato, vi sono artisti che sono più vicini alla figura del pubblic-relation-man che a quella dell'artista maledetto di antica memoria, ma è anche vero che la maggior parte della produzione artistica impegnata si vende poco e niente, che spesso gli artisti più rigorosi e meno inclini a compromessi mercantilisti sono costretti a svolgere una doppia attività per vivere. E questo è dovuto non solo all'incapacità del mercato di assorbire una quantità ormai enorme di prodotti, ma anche ad un pubblico di massa che rivolge le sue risorse verso prodotti di dubbia qualità a causa della sua ignoranza cronica dei fatti dell'arte.


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